
di Andrea Granata
Con la sobrietà che in Italia da anni accomuna le composite maggioranze di Governo è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il Decreto Legge recante “Disposizioni urgenti in materia di procedure per il riconoscimento della protezione internazionale”.
Diciamo subito che si è deciso di non dare nell’occhio compiendo la scelta di chiamarlo come fosse un qualunque decreto legge ovvero Decreto-legge 23 ottobre 2024, n. 158 e non, come forse avrebbe meritato l’atto in cui gli italiani riacquistano, per fortuna senza colpo ferire, la loro sovranità, notoriamente negata dalle burocrazie europee.
Dopo “L’Inno alla gioia” con cui molti italiani salutarono la fine del Governo Berlusconi accompagnato alla porta da una tempesta finanziaria senza precedenti preceduta dai sorrisetti di Merkel e Sarkozy, stavolta neanche un “Va, pensiero”.
In Francia, ma lo sappiamo, i nostri cugini sono notoriamente delle teste calde e pure un po’ sbruffoni, a questo decreto avrebbero almeno impresso un tangibile segno di diversità rispetto al passato, magari rispolverando per l’occasione i fasti del calendario rivoluzionario, e l’avrebbero pubblicato come Decreto Legge n. 1 del 2 brumaio dell’anno II (ove secondo sta per gli anni del Governo Meloni).
Il diverso profilo che da sempre accompagna gli esponenti di questa maggioranza ha fatto si
che una legge (per ora solo un decreto legge) che un po’ come la legge del 30 ventoso dell’anno XII (Il Codice Napoleonico) si proponeva di tagliare i ponti con il passato, venisse invece liquidata con una fugace conferenza stampa tenuta da tre ministri dell’attuale Governo.
Non creiamo inutili allarmi, in questo decreto legge non ci sono le utopie, l’illuminismo e neanche tutte e due le cose messe insieme che ispirarono il Codice Napoleonico.
Con il nostro decreto legge non si vogliono cancellare secoli di diritto, ma più modestamente affermare che le interpretazioni della Corte di Giustizia Europea, che poi sarebbe il Giudice che conosce del rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei trattati (inopinatamente sottoscritti dall’Italia), le cui statuizioni, che fino a ieri avevano una valenza superiore ad ogni norma (e sentenza) degli Stati nazionali, da oggi, per ora solamente in sulla classificazione dei Paesi pericolosi, non conteranno più una cippa.
Sul punto specifico l’Italia da ieri ha fatto suo il pensiero del noto giurista serbo Vujadin Boskov, perché se è innegabile che “è rigore quando arbitro fischia” altrettanto è inconfutabile che Paese è pericoloso quando Governo dice.