di Davide Pitocco
Il Tour, dopo la giornata di riposo, riparte dalla città degli eroi, o meglio dell’eroina che ha dato nuovo vigore alla guerra francese contro l’Inghilterra, Orleans, ovvero la famosa pulzella Giovanna d’Arco. Sono in tutto 187 km e l’arrivo si trova a Saint Armand Montrond, a casa di Alaphilippe che in questi giorni si trova in Italia ad allenarsi per le Olimpiadi, dato che sarà il capitano della squadra dei galletti. La frazione è piuttosto semplice e dovrebbe essere la volata prima della scalata al Massiccio Centrale.
I 4 big, Pogacar, Vingegaard, Evenepoel e Roglic occupano le prime quattro posizioni e sono racchiusi tutti in un minuto e mezzo. Forse proprio per questo la decima tappa potrebbe essere di trasferimento: per vivere delle vere emozioni si dovranno attendere gli ultimi chilometri, quando le squadre dei velocisti inizieranno a prepararsi per lanciare la volata.
E così è: di fughe almeno fino ai meno 50 km non ce ne sono state, vanno tutti in gruppo, ricordando quelle vecchie corse old style del Tour di qualche anno addietro: strada dritta, tutta in pianura e nessun battistrada a vivacizzare la contesa. Sembra quasi che non debba arrivare mai il finale: il plotone procede intorno ai 40 km orari, con punte che toccano i 60 quando la strada è in leggera discesa. La situazione è strana perché negli ultimi anni tappe interpretate in questo modo non ce ne sono state. Si è sempre vista grande battaglia per portare via una fuga, mentre in questa edizione gli attacchi durante queste frazione non sono stati numerosi e tanto meno decisivi.
Alla partenza Geraint Thomas, in modo del tutto imprevedibile, ha dichiarato: “ Vedo Vingegaard come favorito. Pogacar non è stato in grado di fare veramente la differenza e quindi il danese potrà arrivare a Nizza vestito di giallo.”
Quando mancano 20 km il gruppo è così compatto che sembra che sia tenuto insieme da una pioggia di Super Attak. La strada è talmente dritta da ricordare la famosa Route 66 e quasi ci viene la voglia di andare a rileggere On the road di Kerouac, fosse anche solo per evitare che le palpebre si affloscino per la noia. Sarebbe bello attraversare gli States da costa a costa sulle due ruote spingendo sui pedali e attraversando i magici Stati che compongono la federazione a stelle e strisce. La vita è un viaggio e se fatto in bici, è di certo un viaggio bellissimo ed avvincente.
Nel conto delle vittorie a comandare è l’eritreo Ghirmay ed infatti tutti lo attendono negli ultimi metri di questa tappa che non ha offerto spettacolo. Molti desiderano che almeno negli ultimi 10 km sia frenetica ed avvincente. Prendere il tempo giusto per lanciare il proprio velocista diventa cruciale per le squadre con velleità di successo, dato che il finale presenta alcune curve impegnative. Fino alla neutralizzazione dei tempi tutti i big occupano le prime quattro file, dopo lentamente si lasceranno sfilare.
L’andatura sale solo quando mancano 6 km al traguardo. La Ef con la sua divisa rosa fosforescente tiene le prime file. I velocisti comunicano con urla disumane con i loro compagni. Si controllano a vicenda. I treni si preparano negli ultimi tre. Tutti vogliono tenere la ruota del proprio apripista. Sarà importante essere davanti nell’ultimo chilometro ed infatti il gruppo si spezza attorno alla ventesima posizione, ma ormai c’è la neutralizzazione. Parte Van der Poel e mette tutti in fila, Philipsen fa una volata di rabbia e non c’è per nessuno.