
di Pierpaolo Di Carlo
Il calcio, nella sua filosofia e nei suoi risultati altalenanti, stimola spesso l’esercizio del bicchiere mezzo pieno o bicchiere mezzo vuoto.
Buona posizione in campionato ma fuori da tutte le altre coppe, una situazione che, agli occhi di un tifoso bianconero, vincente per genetica, non può essere accettata. Gli zero titoli, per dirla come un noto anti-juventino, sono il frutto di più fattori, ognuno più o meno rilevante a seconda della propria visione delle cose. Ci sarà magari chi punterà il dito contro le scelte di mercato, che ha portato giocatori incapaci di adattarsi al nuovo sistema di gioco, o in alcuni casi addirittura inadatti a vestire una maglia come quella bianconera. Poi c’è chi, anche in maniera decisa e volgare, ha esternato il suo disprezzo nei confronti dell’allenatore e del suo lavoro, i cui risultati si sono rivelati incapaci – almeno sino a questo momento – di soddisfare le esigenti pretese di una tifoseria d’alta classifica.
Ma al di là di qualsiasi discorso sulla tattica e sulla qualità di questa squadra, c’è un elemento che su tutti sembra mancare alla Juventus di oggi: la consapevolezza di essere la
Juventus. Quella che abbiamo imparato a conoscere negli ultimi anni, è stata una squadra temuta e odiata da tutti, sia per la sua forza che per la sua sfrontatezza. La sensazione di nervosismo cronico provato dai tifosi avversari, consci di aver davanti una squadra fastidiosa come una zanzara e imbattibile come solo la vecchia signora sapeva essere, oggi sono solo un vago ricordo che si rischia di dimenticare.
Ciò che manca ai ragazzi che oggi vestono la maglia bianconera, non abbastanza maturi forse per questa mentalità, è quell’idea di essere odiati da tutti, che in passato veniva canalizzata in un’ostentazione della propria forza e della propria sicurezza.
Se il problema fosse questo, allora servirebbe che qualche vero Juventino, nel corpo e nell’anima, facesse capire a chi di dovere cosa significhi avere tutto il mondo contro, essere sfrontati e vincere, il dogma per eccellenza della società più titolata d’Italia.
Perché questa è l’unica cosa che conta: uccidere per non essere uccisi.