Continua il braccio di ferro tra l’amministrazione di Carlo Masci e gli imprenditori della principale area della movida pescarese, quella di piazza Muzii e dintorni. Da novembre, è stato dimezzato il numero dei tavolini all’aperto. Gli esercenti hanno presentato un ricorso al Tar, che dovrebbe pronunciarsi la prossima settimana. Viene da sé che gli esercenti, con metà dei tavoli a disposizione, si trovano a far fronte a un grosso danno economico, peraltro successivo ai danni creati, negli ultimi anni, dalla pandemia e dai costi energetici impazziti.
Il paradosso della situazione è che Masci, fautore negli anni scorsi dell’abnorme pedonalizzazione del centro di Pescara, ora intervenga per frenare la movida, che è la naturale vocazione di una zona centrale a traffico zero. Come dire: se fai un prato verde e ci metti due porte, poi non lamentarti se ci giocano a pallone.
Un pensiero va anche ai residenti che, magari, hanno acquistato una casa in zona negli anni ’80, quando la città era strutturata diversamente, e ora si trovano a vivere in un divertimentificio.
Prima ancora che il Tar si pronunci, gli amministratori pescaresi dovrebbero farci sapere quale città hanno in mente. E per città non si intende solo un posto dove si dorme e si chiede il voto ai residenti, ma anche un posto dove si lavora e si genera ricchezza. Il flop dell’ex mercato di piazza Muzii, indicato anche come improbabile polo della moda e tuttora mezzo vuoto, ci dice che Masci, l’assessore Cremonese e compagnia cantante hanno, per dirla alla Flaiano, poche idee ma ben confuse.
