Nuove trivellazioni in mare, a caccia del gas metano, soprattutto nel Medio Adriatico. Quindi, di fronte alle coste abruzzesi e molisane. All’orizzonte si profila una battaglia tra il governo, le opposizioni e gli ambientalisti, con forti ricadute e tensioni a livello di politica locale. L’emergenza energetica in cui versa l’Italia a causa del conflitto russo-ucraino ha messo il nuovo governo nella condizione di smentire le storiche convinzioni della premier Giorgia Meloni e di Fdi, secondo i quali i pozzi di metano era meglio chiuderli che tenerli aperti per motivi legati all’ambiente. Nel governo è allo studio un provvedimento d’urgenza sulle trivelle. In Abruzzo, il movimento No Ombrina (dal nome del pozzo più famoso, Ombrina Mare) è in fibrillazione.
Secondo il vecchio Pitesai, il cosiddetto Piano trivelle, sono sotto attenzione ampie zone della Pianura Padana, dell’Adriatico, esclusa l’area settentrionale, dello Jonio e del mare a ovest della Sicilia, ma il governo Meloni potrebbe allargare le aree di estrazione. Al riguardo, sono significate le precisazioni del ministro dello Sviluppo economico Adolfo Urso (Fdi): in Italia, dieci anni, fa estraevamo 13 miliardi di metri cubi l’anno, nel 2022 siamo scesi a 3. I dieci miliardi mancanti sono quelli acquistati in più dalla Russia. Bisogna tornare ad estrarre. Il fabbisogno di gas in Italia, nel 2021, è stato di circa 76 miliardi di metri cubi.
Per quanto riguarda le coste antistanti l’Abruzzo e il Molise, Urso è stato chiarissimo, pur non citando il nome delle regioni: “Autorizzeremo nuove trivellazioni nel mar Adriatico centrale, dove altri Paesi già estraggono”. Bisogna prendere atto, quindi, che la posizione del centrodestra, e di Fratelli d’Italia in particolare, è molto cambiata negli ultimi 6 anni. Nel 2016 si tenne un referendum proprio sulle trivelle: si trattava di decidere se vietare il rinnovo delle concessioni di gas e petrolio nei giacimenti che già esistevano entro una certa distanza (12 miglia, ovvero 19 chilometri) dalle coste italiane. Il referendum non raggiunse il quorum poiché votò poco più del 30% degli aventi diritto, ma Giorgia Meloni si schierò, con la sua ben nota verve, contro il rinnovo delle concessioni. Affermò, come ricordato da Fanpage, che “quasi l’80% delle cozze e vongole che vengono pescate intorno alle piattaforme di estrazione hanno una concentrazione di inquinamento molto più alta delle condizioni di legge”, concludendo che il rinnovo delle concessioni fino all’esaurimento del pozzo “incide malamente sul nostro ambiente e aiuta alcune grandi lobby che sono legate a questo governo”.