RETE OSPEDALIERA FANTASMA IN ABRUZZO: ITALIA VIVA VUOLE IL DEA DI II LIVELLO A PESCARA

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La Sanità in Abruzzo è il tema del convegno che si è svolto sabato mattina, 6 maggio, nella sala della Biblioteca comunale di Alanno. Il convegno, organizzato dal Comitato Costituente del Polo Riformista in Val Pescara – Italia Viva, che vede impegnato il consigliere comunale ed ex sindaco di Alanno Gaetano Cuzzi, ha visto la partecipazione di molti medici di base, di referenti di unità complesse e ospedaliere, primari in pensione, infermieri, tecnici e cittadini che hanno completamente riempito la sala. Dopo il saluto istituzionale del sindaco Oscar Pezzi, è stato lo stesso Gaetano Cuzzi a evidenziare come la sanità in Abruzzo sia ancora ostaggio dei partiti politici e delle cliniche private, e come sia necessario sempre di più abbandonare i discorsi di campanile e di ricerca del consenso elettorale per evitare una dispersione di risorse che sta portando la Regione al default.

A entrare nello specifico dei problemi è stato il dottor Antonio Ciofani, già primario del reparto di Nefrologia e Dialisi dell’ospedale di Pescara, fondatore del Centro Regionale di Nefrologia e Dialisi pediatrica e portavoce dell’associazione Consulta Clinica per il riconoscimento del Dipartimento di Emergenza e Accettazione (DEA) di Pescara. «Il problema principale legato all’assistenza sanitaria si chiama sostenibilità», è intervenuto Ciofani. «Avere un’equipe multidisciplinare che possa intervenire in casi complessi come ad esempio i politraumi, è costosissimo. In Germania hanno avviato adesso la riforma della Rete Ospedaliera che in Italia è stata avviata nel 2015. Il problema è che la nostra Regione, da ormai otto anni, si vede bocciare costantemente le proposte di Rete ospedaliera dal Ministero. Continuare a proporre quattro ospedali multidisciplinari in una Regione che ha un milione e 300 mila abitanti non è più sostenibile. In passato l’ospedale di Popoli aveva 400 posti letto, quanti ne ha ora il Policlinico di Chieti. Ma la Regione Abruzzo è stata capace di approvare la Rete territoriale senza avere una Rete ospedaliera, per cui non si sa dove portare il paziente colpito da ictus o vittima di un incidente grave. In Abruzzo l’unico ospedale che deve avere un DEA di secondo livello è l’ospedale di Pescara, e questo non vuol dire penalizzare chi vive nelle aree interne, ma il contrario. Perché un paziente tempo-dipendente al quale un’emorragia cerebrale sta divorando 2 milioni di cellule cerebrali al minuto», ha motivato il dottor Ciofani «non può essere portato prima in un ospedale e poi trasferito in un altro. Medici e operatori devono sapere che se il paziente è grave deve andare a Pescara, e l’ospedale di Pescara non lo scegliamo perché è bello e ci sono tanti dipendenti, ma perché ha un pronto soccorso che registra più di 90 mila accessi all’anno. È li che si interviene per l’emergenza».

Preoccupato per la mancanza di una Rete ospedaliera in Abruzzo e per le lunghe liste di attesa che favoriscono i privati è Bartolomeo Donato Di Matteo, medico di base e in passato assessore regionale ai Lavori Pubblici, conscio di quanto le varie giunte regionali non abbiano fatto per garantire una sanità pubblica efficiente al cittadino. «Sento ancora un groppo alla gola quanto ripenso a come venivano fatti gli investimenti. Come è possibile che in una Asl come Pescara, dove mancano tanti medici e infermieri, si facciano ancora i concorsi per i dipendenti amministrativi? Su 3.500 dipendenti la Asl di Pescara ha 2.400 impiegati. Dovetti sostenere una dura battaglia in giunta per salvaguardare le aree interne, ed avere il quarto distretto in provincia di Pescara: oltre a Montesilvano, Spoltore e Cepagatti, il distretto di Scafa-Penne. E poi», ha concluso Di Matteo riprendendo un tema caro a Italia Viva «dobbiamo tornare alla meritocrazia. Vediamo prolificare le Unità Operative Complesse con a capo le mogli di primari… Basta… Continuare a fare politica in questo modo solo per il consenso ci sta portando alla rovina».

E se da una parte il dottor Piergiusto Vitulli, cardiologo all’ospedale di Pescara, propone di creare dei service di neurochirurgia e cardiochirurgia nei principali ospedali sforniti di unità complesse, e chiede di facilitare i contatti tra pazienti e professionisti che operano in Abruzzo per evitare i trasferimenti in ospedali di altre regioni, il dottor Silvio Basile, referente dell’Unità complessa di cure primarie in Val Pescara, chiede di continuare a salvaguardare le realtà periferiche perché i cittadini chiedono prestazioni. «Prestazioni fatte in tempi decenti e da professionisti, altrimenti i cittadini si rivolgono al privato. E così la Regione Abruzzo spende 130 miliardi per tenere in piedi il suo sistema sanitario pubblico, e allo stesso tempo ne dà 30-40 miliardi l’anno alla sanità privata perché non riesce a garantire le prestazioni».

Il cardiochirurgo Carlo Canosa, dell’ospedale Gemelli Molise di Campobasso, ha poi spiegato quali sono le emergenze sanitarie e dove sta andando la sanità pubblica in tema di organizzazione ospedaliera. «La prima causa di morte è dovuta al cuore», ha sottolineato Canosa. «Poi si muore a causa delle malattie cerebrovascolari e la terza causa di morte è legata alle malattie polmonari. Ecco perché, nel caso della cardiologia, oramai si parla di “Heart Team”. Non più medici di vari reparti che prendono in carico i diversi aspetti della malattia, ma il paziente al centro e attorno a lui un team multidisciplinare specializzato in malattie cardiache e non solo. Non più ospedali verticali ma ospedali orizzontali, dove l’emergenza viene affrontata da un team super specializzato nel curare lo scompenso cardiaco».

A chiudere il convegno è stato l’avvocato Carmine Ciofani, coordinatore del Comitato provinciale di Italia Viva. «Davanti alle problematiche che investono la sanità pubblica non solo in Abruzzo, questo governo vorrebbe pure attuare l’autonomia differenziata delle Regioni. Con quali parametri, con quali risorse, con quali mezzi regioni come Abruzzo, Molise, Basilicata e Calabria dovrebbero garantire il rispetto dell’Articolo 32 della Costituzione Italiana, non è dato di sapere. Davanti a questi problemi la Regione Abruzzo continua ad essere assente, e noi come riformisti abbiamo il dovere di combattere affinché al centro di ogni scelta ci sia la salute del cittadino».