di Emidio Maria Di Loreto
In un settembre che sta per spegnersi fuori dai pienoni del turismo di massa, l’alta Sardegna appare di una travolgente bellezza. Un apparire crudo, più reale, nel quale le espressioni della Natura danno quasi un senso di violenza che potrebbe manifestarsi da un momento all’altro. Come se essa volesse imporre quelle sue caratteristiche che è stata costretta in precedenza a diluire e confondere con le enormi affluenze di un turismo che consuma la vacanza in pochi attimi. Restano ancora, ad un occhio attento, le evidenze che si sono manifestate in un turbinio di confusione. Movimenti difficili da controllare e contenere che hanno preso d’assalto esercizi, imbarcazioni e Natura. Non è di aiuto, al contenimento, il territorio che offre molteplici spiagge, anfratti, calette, promontori, belvedere ma nulla possono contro i numeri del turismo di massa che travolgere tutto e pure con occhio benevolo, ma poco pertinente, di molti. Sono state contate fino a 6000 imbarcazioni in un solo giorno nelle acque dell’arcipelago. [1]
Una confusione nei mesi canonici che non lascia apprezzare, assaporare come si dovrebbe, visualizzare nelle diversità di panorami secondo le continue mutevoli condizioni di luce. E tutte viste affascinanti, che celano e svelano angoli simili ma che possono apparire tanto diversi da confondersi e sfumare l’uno nell’altro tra i vari momenti della visione. Questo non accade durante i pienoni che marchiano la vista come un prodotto a tiratura infinita, quando neanche il numero chiuso contiene ed in alcune calette non vi sono più posti in piedi, figurarsi lo sdraiarsi per raccogliere i pensieri nel mentre si osserva e ci si crogiola al sole. Luoghi in cui si tratta di raffinata espressione della Natura che utilizza luce, vento, granito ed acqua, con le impetuose correnti delle Bocche di Bonifacio, per offrire immagini complesse, con i rosa nei tramonti sul granito plasmato da venti e dalle acque ed il verde smeraldo o il blu cobalto del mare che può trasformarsi in tutt’altro ambiente se nuvole, correnti marine e venti dovessero prendere il sopravvento come può accadere anche repentinamente. Mare che per la sua limpidezza consente tanta luce alle piante presenti sui fondali anche più profondi del solito, in estese praterie di Posidonia per la loro funzione preziosa di restituire ossigeno prendendo diossido di carbonio.
È anche in questo la straordinarietà dei luoghi che in questi periodi consentono di essere apprezzati con maggior calma, valutati con annesse riflessioni che per le rocce possono assumere forme tra le più fantasiose e bizzarre visto il lavoro di venti e acque che ha agito su di esse. Il granito del resto affiora ovunque, per circa un terzo, da un unico blocco stimato in una grandezza pari a circa 400 per 50 Km di estensione che si è generato per raffreddamento e solidificazione del magma che conferisce la tipica caratteristica di questa pietra. Una roccia voluta così dagli agenti atmosferici durante i 5 milioni di anni vissuti come in un laboratorio in perenne attività, senza tempo, su sculture non scolpite ma plasmate da azioni degli elementi che riescono dove la fantasia umana più espressiva ha individuato formazioni da letteratura fumettistica. E allora ecco il bue marino nella sua grotta, l’orso di Palau, e la strega di Spargi, e poi elefanti, falli, tartarughe, una testa di cane, polpo, gatti, delfini, teste di rapaci, facce di giganti, maschere mostruose e finanche la roccia dei fidanzati che si tengono per mano ed altro ancora che ogni fantasia può condividere o meno. Tutte però conferiscono caratteristica inconfutabile ai luoghi. [2]
Un esempio fantasioso ed infinito di casi che lasciano intendere che dalla loro vista sia partito lo spunto per disegni animati, anche sui moderni fumetti di personaggi spaziali o ancora più, evolvendo i concetti, verso le forme utilizzate nei giochi elettronici attuali o del passato tipo Poc Mon o Pokemon ad esempio. Del resto lo stato attuale del panorama, quelli del Parco Nazionale dell’Arcipelago della Maddalena che si estende per oltre 5.000 ettari di terreno e oltre 15.000 ettari di superficie marina, offre spunti a iosa con le sue specie protette tra flora e fauna. Un territorio definito dai classici muri a secco che delimitano rocce e fitta macchia di ginepro, lentisco, mirto, corbezzolo, erica, ginestra e che nasconde costruzioni tra le rocce il più delle volte ben mimetizzate, e sono le più belle a nostro avviso, che si apprezzano solo da una vista dal mare nello sbizzarrirsi attento delle soluzioni adottate dagli architetti. L’utilizzo di materiali dalle stesse note cromatiche dei graniti o delle rocce e dei ciottoli e pietre del litorale, può generare abitazioni di gran pregio come quando un’abitazione viene immersa nel granito rosa che ne diventa componente e che spariscono alla vista da terra, ma non dal mare. Oppure altre che sono espressione di argomenti architettonici innovativi e caratterizzanti che potrebbero essere apprezzate meno. Ne sono esempio la Casa Rotonda di Cini Boeri, designer italiana e madre dell’economista Tito Michele, a Punta Cannone 1966 (foto) o l’altra sua Casa Bunker, 1967 all’Abbatoggia. Altre costruzioni di più facile apprezzamento sulla sponda opposta, tutte probabilmente risalenti a quando non vi erano gli allarmi attuali sull’occupazione di suolo da parte del cemento e si largheggiò, colpevolmente, con le costruzioni. A Punta Lunga sono visibili soluzioni adottate che utilizzano le rocce granitiche come arredi interni intorno ai quali costruire gli spazi desiderati. Ne è esempio visibile dal mare una grossa roccia che divide una vetrata di una abitazione che definisce la vista sul mare sottostante. La immaginiamo magnifica dall’interno della costruzione, resa ancora più preziosa dalla soluzione adottata in funzionalità ed estetica. Anche il villaggio di bungalow (foto) risponde a criteri analoghi minimalisti e di mimetismo, magari ancora più rigorosi. Non aggiunge cemento ma solo moduli che consentono di avere tutto il necessario e sono pure assemblabili e facilmente posizionabili altrove se necessario. L’impressione che comunque prende l’ospite è che una qualche azione mirante alla migliore conservazione possibile la si stia portando avanti, malgrado le norme restrittive non siano gradite a molti. L’azione a tutela completa di Budelli ed anche i controlli sul resto dell’arcipelago danno segni che lasciano ben sperare. Anche le piccole cose che però ne generano di molto positive in modo diffuso, come la raccolta differenziata dei rifiuti, è pratica diffusa ed adottata come pure lo è la protezione antintrusione da selvatici (capre e cinghiali a Caprera, cinghiali praticamente in tutte le isole visto che si tratta di specie molto capace e resistente anche nel nuoto) che viene attivata correttamente usando contenitori idonei. L’arcipelago ha un alter ego però, molto evidente seppur in continuità anche materiale in Caprera, l’altra grande isola storicamente famosa per ospitare le spoglie di Garibaldi e della sua famiglia.( foto) Un’isola dove la carica naturalistica si apprezza ancora con maggior potenza, un’essenzialità di manifestazioni ambientali che devono aver catturato per questo l’animo del Comandante tanto da spingerlo ad acquistarne possedimenti proprio in questo incanto naturalistico che pure aveva il sapore di un esilio volontario seppur condiviso con la sua famiglia runita.
Un continuo scoprire angoli, macchie, calette splendide, forse quella del relitto con la sua finissima sabbia grigia la preferita da chi scrive. (foto) Vi affondò il motoveliero Trebbo che prese fuoco ed il suo relitto giace a bellavista proprio nella parte centrale della spiaggia, a riva perché fu lasciato così mentre divampava l’incendio alimentato dal suo carico di carbonfossile. Il luogo è incantevole ed il relitto ne amplifica di significato la bellezza conferita dalla sabbia, il mare cristallino ed il fondale degradante con moderazione verso le profondità. È anche protetta da fitta vegetazione che nasconde anche gruppi di capre selvatiche ( foto) e dalla strada principale si raggiunge la caletta dopo un cammino tra gli arbusti che cela completamente alla vista il mare e l’incanto del luogo. Non è però l’unico posto di Caprera a manifestare tanta cruda bellezza. Anche nella casa del condottiero esemplari di pino marittimo imponenti, un tramonto che conferisce tipicità a quei luoghi, (foto) ed anche una improvvisa pineta con alberi a fusto altissimo che però terminano in un tappeto di rami verdi fittissimi e tanto serrati tra loro da farne sembrare la sommità stretta come le infiorescenze di un cavolfiore e di un un verde smagliante che si allarga a formare un tappeto.
Torneremo a la Maddalena, anche per colmare l’incompiute visite all’Isola di Santo Stefano sulla quale resta l’alone delle destinazioni del passato, del loro ridimensionamento, ma anche della sua attuale connotazione che non è stato possibile valutare poiché se ne parla poco e con distacco nei tentativi effettuati. Anche la sorte del villaggio turistico, chiuso ci hanno detto, ma non si è appurato per fine stagione o per altre ragioni, sarebbe meritevole di essere meglio compresa visto che era riconosciuto come uno dei più interessanti da frequentare. È anche rimasto da vivere in modo più completo il mare anche tentando l’incontro con la pinna nobilis ed altre specie marine che mancano alla nostra osservazione. Lo faremo programmando meglio il periodo con le previsioni atmosferiche e mezzi più favorevoli, sempre però con il massimo rispetto verso le Bocche di Bonifacio ed i suoi venti che, abbiamo ben compreso, non importa se siano di Ponente o di Maestrale, quando soffiano lo fanno seriamente; proprio urlando e biancheggiando in modo che si possa solo averne profondo rispetto.
[1] https://www.lamaddalenapark.it/pagina13158_norme-attuative.html
[2] https://horoene.wordpress.com/2017/02/13/facce-maimoni-giganti-scolpiti-nelle-rocce-di-sardegna/
Ibidem https://www.clubesse.it/orsi-elefanti-e-polpi-le-rocce-strane-e-curiose-della-sardegna/










