“Il corteo di Marsicaland è stato un atto rigenerativo della storia del territorio”. Ad affermarlo il direttore scientifico del festival diffuso dell’Agroalimentare, Ernesto di Renzo, al termine della tre giorni che ha animato Avezzano e la Marsica. “È stato dato inizio a un nuovo corso della storia di Avezzano, del Fucino e dell’intera Marsica”, ha proseguito l’antropologo, “in quei tre giorni, benedetti da un sole benaugurante e da un pubblico festante, sono accadute tante cose tutte assieme. Altre ne accadranno ancora nel breve volgere del tempo. Questo perché MarsicaLand, oltre a essere un evento che promuove l’agroalimentare come una risorsa economica che ambisce a farsi patrimonio culturale condiviso, è innanzitutto una casa comune, una proposta di futuro, un’idea ambiziosa da realizzarsi unitamente nel segno dell’appartenenza al territorio e nella identificazione ad esso. Una appartenenza che deve essere sentita primariamente come un’adesione sentimentale ai luoghi, quindi come una convenienza che necessita di essere interiorizzata e condivisa affinché la Marsica (ri)diventi quell’entità storica e politica che è stata in un tempo non lontano dall’oggi.
Ma quello che MarsicaLand vuole che accada non è far tornare nostalgicamente in auge un passato in sé concluso: non sarebbe né possibile, né tantomeno auspicabile. Quello che MarsicaLand vuole progettualmente e prospetticamente assecondare è che il passato diventi un generatore di senso con cui ritessere l’ordito di un presente vissuto nella piena consapevolezza di ciò che si è. Ed è proprio per questa ragione che nella giornata dell’8 settembre si è voluto mettere in scena un imponente corteo storico in costume, il primo del suo genere ad Avezzano, avente l’obiettivo di rendere gli sguardi e l’immaginazione degli strumenti di autocoscienza pubblica. Una tradizione inventata, quella del corteo, che la si è voluta far nascere un po’ come sfida, un po’ come azzardo, un po’ come mito di fondazione.
Ma anche come presidio terapeutico volto a risanare i molteplici traumi storici – prosciugamento, terremoto, innesti etnici – che continuano ad attanagliarci come comunità diffusa e a farci sentire come “figli di un dio minore”. Quello che il corteo ha voluto rappresentare, dunque, è stato una sorta di atto rigenerativo di una storia più volte interrotta ma, nello stesso tempo, comune e condivisa: come ha dimostrato la presenza dei numerosi gonfaloni municipali testimonianti la volontà dei paesi della Marsica di sentirsi parte, accanto ad Avezzano, di un unico corpo sociale, culturale e territoriale. A questo punto fermarsi, o tornare indietro, non sarà più possibile, né giustificabile, né perdonabile”.