Suggestiva cerimonia dell’amministrazione comunale di Pescara per i cinquanta anni dalla sua scomparsa
di Davide Pitocco
Il 20 novembre del 1972 moriva a Roma a causa di un infarto, Ennio Flaiano, uno di quei nomi che di solito appaiono virgolettati sugli articoli di giornale o citati dai conduttori televisivi, oppure che si possono ritrovare nei titoli di testa di un certo tipo di cinema che ora non viene trasmesso nemmeno in seconda serata. Cosa si può dire di lui, oltre gli omaggi resi alla sua figura di scrittore e sceneggiatore? Uomo dallo stile satirico ma, fondamentalmente triste. Ha scritto per il cinema, per Fellini descrivendo la Roma folle degli anni cinquanta. Ha scritto romanzi, saggi e racconti, Un Marziano a Roma, Tempo di uccidere. Nasce a poca distanza dalla casa natale di Gabriele d’Annunzio. Entrambi sono scrittori, molto diversi tra di loro ma, legati dall’amore per la loro terra, passione che non hanno mai tradito.
Venerdì 18 nella sala consiliare del Palazzo di Città a Pescara, alla presenza del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, l’Amministrazione comunale ha voluto onorare la sua figura di uomo e di scrittura in una cerimonia che ha visto la consegna di lettere inedite da parte di Anna Luciana Di Lello Finuoli alla locale amministrazione.
Ha presieduto la manifestazione Mario Sechi, giornalista e direttore dell’AGI. Sono intervenuti anche il sindaco Carlo Masci, l’onorevole Guerino Testa ed il Presidente del Consiglio comunale Marcello Antonelli.
Di grande interesse è stata la lettura scenica a tre voci del testo Ennio Flaiano: un ritratto, scritto da Marco Patricelli, con protagonisti gli attori: Giulia Basel, Anna Paola e Massimo Vellaccio.
Carla Tiboni, presidente dell’Associazione Culturale Ennio Flaiano e dei Premi Internazionali Flaiano, ha voluto giustamente far risaltare le poliedriche qualità dello scrittore:
<< Come scrittore, giornalista e sceneggiatore espresse una visione completamente nuova della vita; egli è stato considerato in tanti modi ma credo fosse soprattutto una persona libera, tanto da essere visto con sospetto da quella cultura radical-chic che, nel dopoguerra, tendeva a emarginare chi fosse laico come Flaiano. Questa presentazione mi permette però di sottolineare quello che è stato il ruolo decisivo che l’associazione Flaiano e i Premi Flaiano dal 1973 hanno svolto sia in senso divulgativo, per l’internazionalizzazione dell’opera di questo grande autore del secolo scorso – ha tenuto a precisare – ma, anche, per farne conoscere i testi attraverso un’infinità di convegni e tavole rotonde svolte sul territorio. L’intuizione di Edoardo Tiboni fu proprio questa, e oggi dunque sono felice di dare il nostro supporto a questa iniziativa”.
Ennio Flaiano è stato una delle poche coscienze critiche italiane nel secondo dopoguerra, tratteggiando in modo arguto un Paese che si andava trasformando a volte in meglio ma, troppo spesso, in modo caotico e confusionario, ed è per questo che in molti gli riconoscono il merito di aver saputo prevedere le trasformazioni del Bel Paese con trent’anni di anticipo.
Ieri, sabato 19 novembre nel Mondadori bookstore di Pescara è stata presentata la ristampa del compendio Invito alla lettura di Ennio Flaiano edito da Mursia e oggi, domenica 20, è stato deposto un mazzo di fiori in Piazza Unione a Pescara, davanti al monumento dedicato a Flaiano.
Il sindaco, con Marcello Antonelli, presidente del consiglio comunale, Maria Rita Carota, assessore alla cultura del Comune e Carla Tiboni, si sono poi recati davanti la casa dello scrittore rimanendo in doveroso raccoglimento per qualche minuto.
- Sebbene Flaiano abbia detto: << Tuttavia Roma è la mia città. Talvolta posso odiarla, soprattutto da quando è diventata l’enorme garage del ceto medio d’Italia. Ma Roma è inconoscibile, si rivela col tempo e non del tutto. Ha un’estrema riserva di mistero e ancora qualche oasi.>>, la città e la regione che ti ha dato i natali non si cancella così con un colpo di spugna ed infatti si può concludere con le sue stesse parole: << Adesso che mi ci fai pensare, mi domando anch’io che cosa ho conservato di abruzzese e debbo dire, ahimè, tutto; cioè l’orgoglio di esserlo che mi riviene in gola quando meno me l’aspetto.>>. Insomma, un illustre corregionale che, a leggere quello che scrive a Pasquale Scarpitti, sembra svelare un segreto mai detto: “Ci sono molti modi di arrivare, il migliore è di non partire”.