Il Fubbàll secondo Remo Rapino

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Dodici storie di calcio di provincia raccontate dal vincitore del Premio Campiello nel 2020

di Paolo De Carolis



















Remo Rapino non è un mio amico. Non ho avuto nemmeno il piacere di incontrarlo nel tanti salotti tv quando il suo Lanciano era in cadetteria e si misurava col mio Pescara. Le nostre strade non si sono incontrate neanche da colleghi insegnanti di liceo ma, solo una volta, a metà degli anni ’90 del Novecento, in quel di Collecorvino quando lui, giovane narratore, ha partecipato al premio narrativo tributato ai fasti della bella cittadina vestina mentre, a me, indegnamente, avevano dato il ruolo di giurato. Credo che quello sia stato uno dei primi premi vinti da Rapino nella sua luminosa carriera. E la tal cosa dimostra, in maniera palpabile, la limpidezza del talento da sempre posseduto dallo scrittore frentano facilmente riconosciuto anche da una commissione alle prime armi. Per questo  ho cominciato a  seguirlo, con una certa simpatia, anche nelle ospitate TV nonostante la sua fede e il suo canone calcistico fossero antitetici al mio. E quando, nel 2020, il Campiello  ha dato piena riconoscenza della sua spiccata capacità di scrittore, ne  ho gioito, se non come lui, quasi come lui…”Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio”, infatti, per me è l’unica grande novità stilistica-letteraria di questo abbrivio di secolo. La prosa colloquiale, la vicenda comune che si apre ai grandi temi sociali ed esistenziali, la scrittura fresca, moderna, efficace che è il suo passpartou, fanno di Rapino uno scrittore unico e inimitabile. Un vero modello per chi vuole misurarsi con questa arte così nobile. Allora?  Allora, quando il mio amico Pierpaolo Marchetti mi ha detto di Fubball sono corso in libreria a comprarlo. Qui lo scrittore  lancianese cambia materia,  si misura con un argomento a me molto vicino ma, anche più impegnativo per chi viene dalla letteratura colta.  Il calcio, si sa, negli ambienti dell’intellighenzia, è stato sempre considerato un’attività di secondo piano. Eppure i grandi narratori ne hanno fatto materia ed opere di valore indiscusso.
Nel lavoro in questione, edito lo scorso anno dalla Minimun fax, ci sono dodici storie, non proprio ignote  per chi mastica e bazzica il mondo calcistico da mezzo secolo, piene di odori, sentimenti e colori. Le vicende si muovono dentro un arco temporale diacronico e con protagonisti  che hanno più dimestichezza con la sconfitta nella vita che con i successi sul campo. I personaggi, narrati con rara sapienza e con le straordinarie qualità proprie di Rapino fatte di espressioni idiomatiche, neologismi calzanti, pensieri efficaci, raccontano nel loro tempo, con le loro specificità musicali, politiche, ideologiche, vivono esistenze ai margini, dentro contesti sociali umili che solo il calcio, comunque, riesce ad elevare. Bello anche il contributo, da vecchio cuore rossonero, al suo Lanciano che non trascura mai. Storie ordinarie di  periferia sociale, culturale, verrebbe da dire, immerse in un mondo, quello calcistico, colmo di luoghi comuni, furberie, scorrettezze, in cui abitano santi e diavoli in cerca di salvezza e tentazione.
Così l’aneddoto di “Lodetti”,  dopo aver smesso con l’impegno paraprofessionistico, raccontato più volte, qui assume altissima dignità letteraria, o gli episodi incidentali o volontari segnano per sempre l’esistenza e la vita di chi l’ha derminati o subiti. Ma, basta, altrimenti, si dice troppo e si toglie la curiosità ad un libro interessante. Si può solo aggiungere che: chi ama il calcio e la letteratura degli umili non può fare a meno di leggere questo grande omaggio al Fubball.