di Emidio Maria Di Loreto
È diventato un happening globale per partecipanti provenienti da ogni dove l’avvistamento dell’aurora boreale. Alcuni hanno prenotato fin da prima dell’autunno scorso la partecipazione ad uno dei tour organizzati che da Tromsø, la città più a nord della Norvegia, oltre 350 km all’interno del circolo polare artico ma anche da ogni altro piccolo villaggio, partono alla rincorsa delle migliori condizioni per ammirare le danze della dama verde. Questa è una attività che, seppur emozionante, ed anche molto, gode di possibilità di successo che la statistica affida a probabilità oggetto di valutazioni attraverso applicazioni da smarthphone. Aurora Forecast – Norway Lights o My Aurora Forecast ad esempio, ma che nella realtà significa solo avere pazienza e tanta fortuna che al solito deve assistere ogni viaggiatore. Certo che la pretesa per chi affronta migliaia di km da ogni dove per lo spettacolo cercato è normalmente ambiziosa ma, abbiamo imparato che troppe sono le variabili che interagiscono su ogni evento e che quindi molto, sui migliori avvistamenti, è affidato al caso. Il fenomeno gode di due possibili letture. Una più esoterica, legata alle tradizioni dei nativi delle regioni più fredde ed a quanto tramandato in religioni e credenze varie. Queste descrivono il fenomeno come una manifestazione dovuta ai defunti che tornano, i più saggi, a manifestare la loro presenza consolatoria verso le famiglie a loro legate attraverso forme danzanti nel cielo. Altra ipotesi, più ad indirizzo naturalista, attribuisce la formazione dei fenomeni alle scie lasciate dalla coda della volpe artica che corre nella neve, oppure ancora ai riflessi del sole diffusi dagli scudi delle guerriere valchirie. La scienza però dice altro. Si tratta di fenomeni attivati nei campi magnetici terrestri sui quali vengono attirate le particelle cariche elettricamente (elettroni e protoni) provenienti dall’attività solare. Nell’incontro con i gas della ionosfera viene trasferita una gran quantità di energia che viene rilasciata nei poli, per il magnetismo terrestre, con manifestazioni luminose dal grande impatto emozionale. Per questo si ottiene una diversa aurora, la boreale al nord e la australe al sud.
L’abbiamo cercata anche noi, non resistendo come altri al fascino di una nuova espressione naturale così impattante ed emozionante. Abbiamo aderito ad una iniziativa proposta da Napoleone del quale conosciamo da sempre l’attenzione organizzativa verso i propri clienti. L’abbiamo cercata insieme ai nostri compagni di viaggio, una variegata multiforme combriccola proveniente da esperienze diverse che però è risultata nella casualità ben amalgamata e pronta alla gradevole condivisione dell’esperienza. Per alcuni si proponeva dopo un precedente infruttuoso tentativo che deve comunque essere messo in conto data l’elevata probabilità di incontrare condizioni meteo che non garantiscono di poter avere a disposizione un cielo almeno parzialmente terso tra cambiamenti meteo che in Norvegia sono di una frequenza impressionante. Senza le condizioni di buio e di cielo aperto tra le nubi che pure non mancano, occorre ritentare con una nuova dose di santa pazienza. Nel nostro caso la dama verde, il nome utilizzato più diffusamente per identificare l’aurora boreale, non si è concessa se non dopo tre giorni di un corteggiamento che, tra difficoltà per freddo e per lo sconforto da mancato incontro, ha messo in discussione gli entusiasmi iniziali. Si è trattato per noi di un duplice incontro su due sere diverse ed in luoghi di osservazione diversi, come per un rapido “…giro di valzer” con la nostra dama, tanto per conoscersi. È risultato comunque appagante malgrado in molti nutrissero speranze per un incontro più completo che è stato ancora una volta rimandato a prossimi viaggi che pure si sono ipotizzati. Il primo tentativo fatto a Sommaroy, è emblematico e chiarificatore. Ci era stato proposto ed avevamo accettato una escursione in un posto di osservazione di elezione, anche perché la serata era annunciata da una intensa attività. Era una opportunità in cui tuffarsi visto che le slavine avevano impedito di confermare la prevista escursione per un ambito sled dog. Il rifugio in cui tentare gli avvistamenti era di proprietà di Harval che aveva provveduto anche a trasportarci con il suo monovolume multispazio ad alimentazione elettrica dal Sommaroy Artic Hotel ad una collinetta in prossimità del mare nelle vicinanze. La costruzione era il frutto del lavoro dei suoi avi che nell’800 realizzarono la prima delle casette di legno che erano poi diventate la definitiva residenza per lui e per la sua famiglia. Da quel luogo privilegiato si spaziava quasi a 360 gradi e ci si poteva anche ritemprare con caffè bollente e tisane varie non appena le temperature esterne non consigliassero una pausa ristoratrice all’osservazione.
Vi è una regola però senza la quale non è possibile nutrire speranze, neanche malgrado gli auspici e la gentilezza e competenza di Harval fossero benevolmente improntate all’ottimismo. Occorre che il cielo abbia significative aperture che purtroppo per noi non ci sono state in quella serata. Anche i tentativi successivi notturni, dai terrazzini accoglienti dell’Hotel, hanno tutti rilevato una assenza di attività visibile. Diversamente è andata a Senya ed a Tromsø nei giorni successivi. Numerosi inseguimenti nei dintorni della città più a nord della Norvegia che grazie ad una rete di esperti ed all’uso di pulmini o autobus che sciamavano da un luogo di osservazione all’altro, erano alla ricerca di mutate condizioni atmosferiche che inducessero ad un diverso ottimismo. Per noi a Senya il primo dei due fugacissimi incontri reso anche più interessante perché ottenuto in un incantevole piccolo villaggio di pescatori che gode ancora di una Natura da espressioni potenti. Un arco verde si è fugacemente presentato, non molto pronunciato ma evidente più alle telecamere degli smarthphone prodotti negli USA che ad occhio nudo. Una dama che gode di luci colorate non appena il buio prende il sopravvento e diventa il buio assoluto per le distanze dai centri abitati. Un colore verde che pare voglia esplodere ma che nel nostro caso non lo fa mai come vorresti, neanche, purtroppo il giorno successivo. Resta l’impressione che si formino disegni inquietanti, come inquietante è il dovervi assistere senza poter far a meno di tornare a chiedersi di quanto possa essere potente il segno della natura che si esprime. Le tonalità del rosso inoltre non sono arrivate, sono considerate le più impressionanti. Non sono arrivate neanche forme diverse dalle solite cascate ad arco o i colori meno probabili come gli indaco, i rosa e gli arancioni. Non abbiamo avuto quel privilegio, ci faremo bastare i rossi dei nostri tramonti italiani che si vedono dalla foto scattata nel 2021 ed il fugace incontro con la dama verde che però insidieremo di nuovo il prossimo anno. Del resto anche se le Aurore non sono state quelle attese, resta la bellezza, a nostro avviso, di un viaggio in luoghi dove la Natura ha davvero espressioni uniche, anche di molto superiori alle Aurore Boreali. Questo forse viene colpevolmente sottaciuto visto che evidentemente è più modaiolo seguire l’onda alimentata dall’attività mass mediatica su questi argomenti.