La storia della Russia inizia all’incirca verso l’anno Mille, quando c’è stata la conversione al cristianesimo di Vladimir I che governò la Rus’ di Kiev dal 980 al 1015. A quel tempo c’era un popolo unico, Ucraini e Russi non esistevano ancora, soltanto con grande lentezza questi popoli si sono andati formando e il baricentro del potere si è spostato sempre di più verso nord, verso Mosca e addirittura verso Pietroburgo. L’origine di tutto però è giù verso Kiev e, per questo, tanti russi faticano a pensare che gli ucraini in questi secoli siano diventati un altro popolo diverso da loro.
Tanti russi la pensano così: << Ci sono i Russi, ci sono gli Ucraini, ma siamo sempre tutti russi!>>, anche alcuni ucraini concordano, ma la maggior parte però sostiene e difende la loro sovranità nazionale.
L’Ucraina, così come ci viene mostrata quotidianamente sulle carte geografiche, è un paese costruito artificialmente con confini che di fatto nessuno sarebbe riuscito a ipotizzare ed ancora di più nessuno avrebbe pensato che realmente un giorno si potesse staccare dall’Unione Sovietica. I confini ucraini sono stati tracciati così in astratto, senza pensare che dentro ci stavano popoli con lingue, culture e religioni diverse ed il guaio è che per una parte di popolazione abitare dentro quei confini, non significa essere ucraini, perché si sentono ancora russi e addirittura cullano apertamente sogni separatisti ed indipendentisti.
Alla luce di quello che sta accadendo negli ultimi nove mesi si deve per amore di verità dire che l’operazione militare di denazificazione lanciata dalla Russia di Putin contro un paese sovrano quale l’Ucraina è di fatto un’invasione, ovvero una violazione fragrante del diritto internazionale sulla sovranità territoriale.
Nella memoria del moderno popolo ucraino l’episodio più terrificante del Novecento è stata la grande carestia degli anni Trenta, quando il potere sovietico, da Mosca, per volere di Stalin, impose la riforma della proprietà collettiva a tutti i contadini dell’Unione Sovietica, sottraendo a quest’ultimi terre, bestiame e proprietà in nome della collettivizzazione. Naturalmente i contadini hanno opposto una ferma resistenza e dove ha incontrato ribellione, non solo in Ucraina, ma anche in Kazakistan per esempio, Stalin ha deciso di stroncare ogni tipo di resistenza affamando i contadini, portando via i raccolti con la forza lasciandoli morire di fame fino a quando non accettavano la volontà del potere moscovita. Durante la fase dell’Urss tutto ciò fu taciuto, nascosto nella memoria dei popoli che subirono queste persecuzioni, perché era impossibile parlarne, addirittura veniva negata, ma poi emerse con drammaticità dopo la caduta del comunismo. Così gli Ucraini attorno a questa tragedia hanno costruita la loro memoria storica, in onore di quei milioni di morti voluti dal potere di Mosca.
Nella memoria dei Russi invece la grande tragedia del 900 è l’invasione nazista dell’Unione Sovietica, la terrificante invasione di un potere assassino che ha deportato milioni di ebrei, sterminato milioni di persone, bruciato villaggi, aperti i campi di sterminio, massacrato i civili, e in tutto questo, in parte, gli Ucraini divengono complici, perché per odio verso il potere sovietico all’arrivo dei tedeschi li hanno festeggiati e molti di loro sono stati reclutati nelle milizie naziste, partecipando anche allo sterminio degli ebrei.
Questa è storia, è tutto tragicamente vero: da una parte un popolo che non può dimenticare la grande carestia degli anni Trenta e l’altro che ricorda l’invasione nazista. Entrambi nella loro memoria condividono l’identità di popolo innocente ed aggredito, circondato di nemici che ha subito orrori ed ingiustizie da non dimenticare.
Entrambi hanno ragione: questi avvenimenti sono successi e non possono essere taciuti o affidati all’oblio. Il problema però viene prepotentemente a galla nel momento in cui ognuno di essi pensa che la propria memoria valga la pena di essere ricordata e quello che è successo agli altri non ha importanza e non necessita di considerazione. Non si può stabilire la propria agenda politica facendo riferimento esclusivamente a quello che la propria memoria tramanda. E tutto questo è ancora tragicamente davanti agli occhi di tutti. Spesso si è prigionieri del proprio punto di vista.
di Davide Pitocco