
Matinée per la “Giornata internazionale di commemorazione in memoria delle
vittime della Shoah”. Va in scena a Sulmona, da martedì 28 a venerdì 31 gennaio,
ore 10.30, Teatro Pacifico, “Io mi ricordo, storie di Hanna, Liliana, Etty …” con
Laura Tiberi, Antonella Palombizio e Santo Cicco, regia Mario Fracassi. Una
produzione del Teatro Stabile d’Abruzzo e Fantacadabra.
“Perché non posso più andare a scuola papà?” “Perché siamo ebrei …” Storie
dolorose, indimenticabili, quelle di Etty, Hanna e di Liliana e … Storie di cui il mondo
deve farsi portatore per tramandare quello che è stato e che non deve mai più
accadere. Racconti che nascono dalla personale esigenza di aiutare le giovani
coscienze a familiarizzare con fatti dolorosi che fanno parte del nostro passato
attraverso gli strumenti più adatti. Lo spettacolo ci parla in modo semplice, diretto.
Racconta di infanzie felici e spensierate, quelle di Etty, Hanna e di Liliana. Bambine
e donne di un’adolescenza stravolta, di viaggi al limite della sopravvivenza e di
prigionie che si fatica ad immaginare. E per qualcuna, di un ritorno, difficile, faticoso
e di un amore, infine, che fa rinascere. Lo spettacolo si mostra più che mai
fondamentale, imprescindibile in un momento storico
in cui i temi della guerra, della sopraffazione, dell’immigrazione, della sovranità
nazionale, dei confini, tornano a dover essere affrontati in un modo sconvolgente. La
forza del racconto di vite reali, di fatti realmente accaduti, rende tangibile la
precarietà di molti traguardi civili raggiunti dall’uomo. Può sempre succedere
qualcosa che rischi di indebolire queste certezze ritenute, fino a poco prima,
pienamente condivise. Ecco allora che quei valori, di umanità, di uguaglianza, di
tolleranza, tornano a dover essere difesi, compresi, tutelati. Le storie di Etty, Hanna e
di Liliana ci danno la possibilità di affrontare non solo il tema della deportazione ma
anche, l’effetto delle leggi razziali che porta alla privazione di una serie di diritti
civili. Ancora, si parla di clandestinità, del tentativo di fuga da un paese avverso, da
una terra. Lo spettacolo trascende il mero racconto offrendo innumerevoli spunti di
dialogo col pubblico. Dalla difficoltà di discernere il bene e il male nel rapporto tra
etica e legge scritta, allo sviluppo del concetto di identità personale e collettiva, alla
presa di coscienza dell’importanza delle politiche di welfare e della tutela dello Stato
verso i suoi cittadini attraverso un sistema di protezione e accoglienza. L’Arte resta
l’unico strumento per combattere l’odio, la violenza, la discriminazione.