
di Giancarlo Odoardi
Pescara, 25 giugno 2025 – Questa mattina, intorno alle nove, lungo via della Bonifica, a pochi passi dal cancello chiuso d’ingresso sud della Riserva Dannunziana, in direzione nord dove è il transito veicolare è ancora consentito, mi sono imbattuto in una scena che ha catturato la mia attenzione. Una famiglia di germano reale – la femmina con circa otto anatroccoli al seguito – si trovava in evidente difficoltà sul marciapiede, disorientata e incapace di procedere.
La madre era riuscita a passare attraverso un varco nella rete di recinzione, ma non trovava la via per tornare indietro con suoi piccoli, che invece, viste le ridotte dimensioni, transitavano tranquillamente. Ho assistito alla scena per alcuni minuti, osservando l’agitazione crescente dell’animale, prima di decidere di intervenire.
Non sono stato abbastanza veloce nel documentare fotograficamente l’intero episodio, ma sono riuscito a immortalare alcuni momenti significativi. Con un foglio di plastica trovato sul posto, per evitare di essere beccato, ho tentato – in maniera comunque maldestra – di avvolgere la femmina per aiutarla a superare la recinzione. L’operazione è riuscita: dopo un breve “volo” oltre la rete, la famiglia di anatroccoli si è finalmente riunita alla capofamiglia.
Questo episodio solleva questioni significative sulla criticità delle aree verdi urbane e degli animali che vivino al loro interno. La coesistenza tra queste aree, nella fattispecie la riserva naturale, e il contesto antropizzato circostante genera continue situazioni di conflitto, dove le recinzioni – pensate per proteggere – possono diventare paradossalmente trappole, anche mortali.
La contaminazione reciproca tra ambiente naturale e urbano è una realtà quotidiana che troppo spesso ignoriamo. Qui si è trattato di animali vivi che ho potuto aiutare, ma la mia esperienza mi ha portato a rinvenire diversi esemplari che non ce l’hanno fatta nell’impatto con l’ambiente urbanizzato: biacchi, aironi, volpi, tassi e altre specie che pagano il prezzo di un assetto territoriale ricco di criticità nei confronti delle loro esigenze di movimento e sopravvivenza.
La questione delle barriere fisiche attorno alle aree protette merita una riflessione più approfondita: come conciliare la necessità di protezione con la libertà di movimento della fauna selvatica? E’ tempo di ripensare le modalità di gestione di questi spazi, ma soprattutto della trama urbana del costruito che li circonda e che su di essi incombe, considerando soluzioni più flessibili che permettano alla natura di fluire senza ostacoli letali, in un reciproco e armonico rapporto di coabitazione.