
A poco più di una settimana dallo scoppio del conflitto tra Israele e Iran, l’Italia – diversamente da quanto accadde nel 2022 con l’invasione russa in Ucraina – non registra per ora un aumento dei prezzi dei carburanti. Anzi, le prime rilevazioni segnalano una leggera flessione: attualmente, il prezzo della benzina in modalità self si aggira intorno a 1,7 euro/litro, mentre il gasolio è stabile attorno a 1,6 euro/litro. E’ quanto emerge da uno studio diffuso in mattinata dalla CGIA di Mestre.
Questo scenario stride con quanto avvenne tre anni fa, quando – dopo appena 15 giorni di guerra tra Russia e Ucraina – i prezzi alla pompa esplosero: benzina +16,9% e diesel +23,8%, con la “verde” che superò i 2 euro/litro. Il Governo Draghi intervenne con il taglio delle accise, misura che all’epoca consentì un temporaneo sollievo.
Una delle chiavi di lettura di questa differenza è nella diversa potenza produttiva dei Paesi coinvolti: nel 2024 l’Iran ha contribuito con 3,8 milioni di barili al giorno su un totale di quasi 103 milioni, ben lontano dagli 11,2 milioni della Russia. Ma i timori restano. Se il conflitto dovesse estendersi o dovesse verificarsi un blocco dello Stretto di Hormuz — nodo cruciale da cui transita circa il 30% del petrolio e il 20% del gas mondiali — si aprirebbe uno scenario da “choc petrolifero globale”.
Bollette alle stelle: +13,7 miliardi per le imprese italiane
Pur senza un impatto diretto del conflitto sui prezzi energetici, il 2025 si preannuncia pesante per le aziende italiane. Secondo le stime della CGIA di Mestre, i costi di luce e gas saliranno complessivamente del 19,2% rispetto al 2024, con un esborso aggiuntivo di 13,7 miliardi di euro. In dettaglio:
- Energia elettrica: +9,8 miliardi (+17,6%)
- Gas: +4 miliardi (+24,7%)
Queste proiezioni si basano sull’ipotesi di consumi costanti rispetto al 2023 e di una media annua dei prezzi pari a 150 €/MWh per l’elettricità e 50 €/MWh per il gas. Se tali valori saranno rispettati, ciò implicherebbe nella seconda metà del 2025 un aumento dei prezzi di mercato fino a 180 €/MWh per l’elettricità e 60 €/MWh per il gas.
Va inoltre sottolineato che l’aumento del prezzo della materia prima non si trasferisce interamente sulla bolletta finale, la quale include anche costi fissi come trasporto, tasse e oneri generali. Per questo motivo, anche con un +38% del prezzo della materia prima, l’impatto sui costi per le aziende sarà più contenuto (+18% elettricità, +25% gas).
Imprese del Nord più esposte: 64% degli aumenti al Settentrione
La mappa dei rincari mostra una forte concentrazione al Nord, dove si trovano le maggiori attività produttive e commerciali. Le tre regioni più colpite saranno:
- Lombardia: +3,2 miliardi
- Emilia-Romagna: +1,6 miliardi
- Veneto: +1,5 miliardi
Insieme, le imprese del Nord assorbiranno il 64% dell’aumento complessivo.
Settori a rischio: metallurgia, alimentari, logistica e chimica sotto pressione
I comparti più vulnerabili ai rincari elettrici includono metallurgia, commercio, servizi alla persona, alimentari e turismo. Per quanto riguarda il gas, soffriranno maggiormente l’industria estrattiva, la lavorazione alimentare, il tessile, la ceramica e la chimica.