Un’altra estate al secco?

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Risorse idriche e prospettive per la prossima stagione

di Emidio Maria Di Loreto

Proprio nella settimana della giornata mondiale dell’acqua 2025, il 22 marzo, ci sarebbero le condizioni per essere fuorviati dalle considerazioni sulla gravità del fabbisogno idrico dalle notizie che ci raggiungono sulle piene dei fiumi in Toscana dei giorni scorsi. Si vivrebbe tra il disagio di chi desidera essere informato e crede nell’annuncio dato per il World Water Day dalla Croce Rossa Italiana su una perdita idrica di 5 volte l’acqua contenuta nel Mar Morto, ed i soliti negazionisti dei cambiamenti climatici. Perdurerebbe quindi quella diffusa latente impressione sul clima che lascia il fruitore medio delle informazioni almeno confuso tra l’accettare che tutto è come era nel passato e la preoccupazione che invece, presto, si dovranno affrontare siccità e gravi disagi connessi; non ultimi quelli di natura economica. Certo che le recenti alluvioni in Toscana, con le immagini dei danni causate dalle enormi masse d’acqua, allontanano l’idea di una reale imminente problematica causata da siccità importanti. Eppure il bisticcio di questi momenti è proprio questo ed occorre quindi affidarsi con rinnovata fiducia ai rilievi degli scienziati impiegati nei centri di monitoraggio ambientale o a coloro che sono specializzati nello studio delle riserve idriche e delle precipitazioni nevose. Dai loro studi e pubblicazioni le prospettive per la prossima estate sono ormai ben definite in direzione di periodi di siccità. Questo è quanto emerge dalle loro valutazioni che, interpretate per quello che i dati suggeriscono, stabiliscono un quadro pure aggravato dalla dispersione di acqua a causa della vetustà delle condotte idriche, denunciate da anni e mai affrontate se non in via emergenziale da politiche adeguate. I dati ed i rilievi combaciano tutti e conducono nella stessa direzione. Se ne può avere conferma anche dalle impressioni degli appassionati della montagna e del mondo dello sci che trovano sempre un maggior numero di piste innevate artificialmente, circondate da montagne sempre meno imbiancate e prezzi per l’uso degli impianti, gli skipass, che lievitano soprattutto per l’alto costo dell’innevamento artificiale. Del resto l’abbandono di impianti di risalita a causa della carenza di neve, e dagli alti costi necessari per adeguarsi a questo, è una realtà significativa che ha portato il loro numero diminuire da 265 a 132. Si stima che l’innevamento abbia subito una riduzione di nevicate del 57% in questo inverno rispetto alla media del periodo 2021- 2023. Questo si somma, aggravando la situazione generale, al dato dell’anno precedente di un meno 29% rispetto alla media degli anni tra il 2011 e 2022. La conferma dalle immagini satellitari dei maggiori comprensori montani, confrontati tra gli stessi periodi invernali, è sconfortante ed ineludibile circa le conclusioni che suggeriscono. In estate i bacini di raccolta per le attività agricole e per tutte le funzioni legate al fabbisogno idrico, saranno in gravissima sofferenza; si resterà a secco in un numero considerevole di situazioni. Altro dato a conferma viene dai rilievi sulle temperature medie invernali più alte di 1,28°C; questo statisticamente comporta che questo anno è considerato il sesto inverno più caldo dal 1800.

Gli enti che hanno competenze in merito sono indaffarati nel proiettare dati ed analisi sul futuro, per la verità rilanciati solo da pochissimi addetti alla comunicazione. Proviamo a citarne alcuni tra lavori universitari, ovviamente messi anche a disposizione di tutti, protezioni civili comprese, ed i rilievi diffusi da un associazionismo che dovrebbe essere più seguito. L’Università di Genova, con la Fondazione Cima con sede a Savona e le collaborazioni con Lab 24 de Il Sole 24ore per gli studi su idrologia e nivologia, hanno condotto studi sulla situazione attuale ed hanno diffuso dati che preoccupano se proiettati verso il nostro futuro estivo.  Le considerazioni partono dalle condizioni di un innevamento carente che poi è il naturale rifornimento di acqua dei nostri fiumi e quindi delle nostre terre. È stato individuato un dato denominato SWE, letteralmente snow water equivalent, che significherebbe la disponibilità di acqua se fosse sciolta tutta la neve sui monti. Al momento risulterebbe una quantità pari a 4,08 miliardi di metri cubi di acqua (1 metro cubo di acqua è pari a 1000 litri) in neve presente quest’anno. Questa quantità rappresenta all’incirca la metà dei 7,88 miliardi di metri cubi dello scorso anno che per il fabbisogno idrico non è certo stato un anno tranquillo. Un’analisi dettagliata quella della Fondazione Cima che, nella divisione del territorio nazionale in bacini idrografici ha dato indicazioni delle carenze che significano quasi certamente siccità. Sono i bacini degli Appennini ad essere i più sofferenti, proprio al contrario di quanto si direbbe rispetto alle cronache di questi giorni. È tutto ben evidente in una immagine diffusa dalla fondazione dalla quale si evince che il bacino idrico Aterno-Pescara in Abruzzo conta una disponibilità del meno 76%, il Sangro, sempre in Abruzzo meno 71%, l’Arno in Toscana meno 97%, il Tevere nel Lazio meno 95%, il Sele in Campania meno 99%, il Volturno tra Molise e Campania il meno 98%, il Crati in Calabria meno 97%.

Insomma tutto molto preoccupante ben al di la delle immagini e delle cronache delle piene dei fiumi di questi giorni; situazione che induce a sottolineare con maggior preoccupazione che, anche a causa del rilievo che scaturisce dalla diffusione delle notizie attraverso i mass media, è molto probabile che se ne torni a parlare quando ormai saremo in piena emergenza. Risulta inoltre improbabile che la situazione di disponibilità idrica nel corso di quest’anno possa cambiare per nevicate importanti fuori stagione che seppur non rare, evocarle sarebbe anche controproducente per danni simili se non maggiori a quelli che farebbe la siccità. Non resta quindi che gli enti preposti si diano una regolata ed in accordo con la Scienza si spendano risorse su quella che è la vera battaglia da condurre piuttosto che le altre sui nostri simili. Le soluzioni sempre le stesse. Si inizi con maggiori controlli sugli usi idrici scorretti e su una responsabile campagna che inviti ad usi più sostenibili ed antispreco. Si provveda alla riparazione o sostituzione delle condotte idriche ammalorate con significative riduzioni delle perdite attuali e si inizi a dar corso a quanto la Scienza suggerirà, magari anche ricorrendo alla desalinizzazione dell’acqua marina, in un quadro definito per la conservazione di ambiente e condizioni climatiche sostenibili.

A cura Fondazione cima. https://www.cimafoundation.org/aggiornamenti-neve-italia/https://lab24.ilsole24ore.com/neve-italia-siccita/