
“La giustizia non è solo processi e sentenze, è uno spazio umano dove si misura la civiltà di un Paese”: con queste parole Giampaolo Di Marco, segretario generale dell’Associazione Nazionale Forense (ANF), commenta l’intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ieri al Quirinale ha ricevuto il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e una rappresentanza della Polizia Penitenziaria, denunciando il grave sovraffollamento delle carceri italiane e le inadeguatezze strutturali di numerosi istituti.
Le parole del Presidente e il richiamo alla dignità del trattamento
Mattarella ha invitato a considerare lo spazio detentivo non come semplice luogo di custodia, ma come ambiente da destinare anche a socialità, affettività e progettualità rieducativa. L’ANF ha accolto con favore questo approccio, rilanciando il dibattito sulla riforma strutturale della giustizia penale, lontana da scorciatoie legislative e soluzioni emergenziali.
«Il monito di Mattarella – ha affermato Di Marco – è un richiamo garbato e profondo: la giustizia deve essere un luogo dove si incontrano persone, esperienze, civiltà. Dove si realizza ogni giorno la democrazia».
Contro le scorciatoie: amnistia e indulto non bastano
Secondo Di Marco, misure come amnistia e indulto non corrispondono allo spirito indicato dal Capo dello Stato: «Sarebbero solo vie facili, palliativi temporanei che non risolvono la fragilità del sistema penitenziario. Le parole del Presidente parlano di politiche strutturali, non di rimedi episodici».
Anche la costruzione di nuovi penitenziari non può essere vista come unica soluzione: «Se lo Stato punta solo sull’espiazione della pena, rischia di contraddire i principi di giustizia riparativa, misure alternative e rieducazione. Serve una visione ampia, capace di integrare il principio di solidarietà dell’articolo 2 della Costituzione con politiche penali che mettano al centro la persona».
Sicurezza e giustizia: una relazione che guarda alla persona
«Sicurezza e giustizia – conclude Di Marco – devono essere concetti complementari, dove l’obiettivo è la dignità dell’individuo, senza discriminazioni o pregiudizi. È tempo di adottare una nuova metrica etica nella gestione della pena, in cui la solidarietà e la responsabilità collettiva siano la base di ogni riforma».