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      Piccola storia di una rivoluzione mancata

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      di Andrea Granata

      Nel Paese, secondo statistiche internazionali, tra i più corrotti al mondo, avvengono anche silenziosi atti di eroismo e rispetto delle istituzioni, come quello di cui giorni fa ho avuto diretta conoscenza e che andrò a raccontare.
      Una signora, a cui qualche anno fa era stato asportato un organo, deve rinnovare presso la propria Asur il certificato che le consente di ottenere alcune esenzioni legate alla sua condizione.
      Una mattina la nostra signora, non prima di aver preso un giorno di permesso sul lavoro, si reca presso l’ufficio dell’Asur con sottobraccio la cartella clinica, dopo un’oretta di fila si trova di fronte ad un’impiegata che le dice testualmente “la sua cartella clinica è scaduta (ndr. si le ha detto proprio così), deve portarmi un certificato di uno specialista”.
      La paziente torna a casa e si collega al sito del Ministero della Salute scaricando l’elenco dei documenti necessari per ottenere l’esenzione legata alla propria patologia.
      La signora, dotata di insospettabile pazienza e tenacia, torna all’ufficio dell’Asur esibendo l’elenco dei documenti appena stampato dal sito del Ministero della salute da cui risultava che la cartella clinica era l’unico documento richiesto, ottenendo però un ulteriore diniego accompagnato dalla considerazione dell’impiegata (“accidentalmente” sprovvista di cartellino identificativo) “ma questa non è mica la Bibbia!.”
      A quel punto la pazientissima signora non trova di meglio da fare che chiamare in ambulatorio il proprio medico di base, a cui racconta quanto le stava accadendo. Il medico incredulo, un attimo dopo aver chiuso la conversazione, telefona all’ufficio della Asur e, fattasi passare l’impiegata trascorre circa quaranta minuti ad urlare contro l’impiegata, che al termine della burrascosa telefonata, richiama la coriacea signora, che nel frattempo era rimasta fuori dell’ufficio ad aspettare, per dirle con un certo imbarazzo che le avrebbe fissato un appuntamento con uno specialista interno e che sarebbe stata sua cura comunicare la data dell’appuntamento chiedendo per questo il numero di cellulare della signora.
      Dopo un paio di giorni, alla signora viene comunicato con un sms ora e data dell’appuntamento, a quel punto la signora chiede ed ottiene un altro giorno di permesso sul lavoro.
      Arriva il giorno dell’appuntamento con lo specialista interno, il quale prende visione della cartella clinica della signora, quella che l’impiegata aveva detto essere scaduta, confermando, senza (ovviamente) visitarla, che a quella signora era stato asportato un organo e solo dopo aver fatto questa constatazione rilascia un certificato, più notarile che medico, per la verità, ma capisco, queste sono sottigliezze.
      La signora paziente pazientissima è stremata, chiede allo specialista interno “le devo qualcosa per il certificato?”, pronta ad insorgere di fronte ad un’eventuale richiesta, sentendosi dire “io per i certificati non prendo nulla, ma faccia a sua coscienza”. Peccato che la signora in questione non conoscesse quel tale che ad una richiesta del genere rispose “le do due euro, uno per la coscienza l’altro per l’onore”, ma questo è ancor meno delle sottigliezze di cui sopra, è “battutismo”.
      La questione vera però è un’altra: considerato che tutta questa trafila si è tenuta per confermare delle esenzioni il cui valore è quantificabile in circa € 100,00 annui, l’eventuale corresponsione a fini corruttivi di € 50,00 ad un impiegato dell’Asur per indurlo a compiere un atto contrario ai doveri di ufficio, integra il reato di corruzione da parte della signora o qualcosa di enormemente peggiore come un vero e proprio atto eversivo e di valenza rivoluzionaria teso a sovvertire un sistema così costituito?

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