di Pierpaolo Di Carlo
Europa League: dare storia alla storia.Cominciamo mettendo un po’ di numeri in ordine decrescente: venticinque come gli anni trascorsi dall’ultima vittoria di un’italiana in Coppa Uefa, sei come le squadre che l’anno prossimo parteciperanno alla Champions League, tre come le reti di Lookman (mai nessuno come lui in una finale di Europa League) e una come la sola e malinconica sconfitta del Bayer Leverkusen in questa stagione. Questi numeri, assieme all’Atalanta, passano dritti alla storia, siglando il punto più alto di un percorso cominciato otto anni fa, con un trionfo che infrange le muraglie e le filosofie degli sconfitti in partenza.
È stato così a Liverpool un mese fa ed è stato così ieri sera, in una notte che si appresta a dettare parametri, speranze e ambizioni non solo per la banda del Gasp, ma forse per tutto il calcio italiano, che nelle ultime nove finali europee ha portato sei squadre con due successi (almeno, ad oggi). Stiamo dando i numeri? Beh, questa è stata la lunghezza d’onda dell’Atalanta ieri sera, che mettendo in campo concetti apparentemente agli antipodi, quali pressing e gestione, intensità e serenità, ha annichilito iil Bayer Leverkusen, mai davvero pericoloso nel corso di tutta la gara.
La scoperta e la crescita di coloro che si sono resi protagonisti nella notte di Dublino è da riconoscere ad una società che non si è mai spaventata all’idea di essere grande e una gestione tecnica che con il lavoro e la forza delle idee ha saputo valorizzare al meglio i suoi ragazzi.
Infine, là dove non è arrivata la qualità tecnica è arrivata pensato la mentalità, plasmata indubbiamente nelle tre finali perse dall’Atalanta negli ultimi sei anni ma soprattutto dal lavoro incessante di Mister Gian Piero Gasperini da Grugliasco.
Tutti questi elementi hanno reso la sconosciuta Dea un Demone terrificante che finisce dritto dritto nella Storia dopo una finale vinta senza storia.