
L’allenatore di Massa è stato l’artefice di un incantesimo meraviglioso
C’è chi nella storia del calcio lascia un segno per le vittorie, chi per le imprese impossibili e chi per la poesia che sa infondere nel gioco. Silvio Baldini appartiene a quest’ultima categoria. A Pescara, è diventato più di un semplice allenatore: è stato un condottiero, un sognatore, e – per chi ha saputo guardare oltre il risultato – un autentico profeta.
Dal suo primo giorno in biancazzurro, il 15 luglio 2024, Baldini ha fatto una promessa audace, quasi mistica: riportare la squadra in Serie B, nonostante un contesto a dir poco turbolento. E mentre fuori dallo stadio i manichini appesi raccontavano la disperazione della tifoseria e il direttore sportivo dava le dimissioni, lui ribadiva la sua convinzione con una sicurezza disarmante: “Pur se arrivo al decimo posto, vinco i playoff e vi porto in B”. E così è stato.
Quella scalata alla cadetteria, compiuta con un manipolo di giovani talentuosi e affamati, somiglia più a una ballata epica che a una semplice stagione calcistica. Proprio come il poeta Giosuè Carducci – a cui lo si paragona per la sua schiettezza e la capacità di coniugare cuore e ragione – Baldini ha saputo trasformare ogni sfida in un’opera di determinazione, ogni vittoria in un canto di purezza e ogni caduta in una tappa necessaria del cammino.
Oggi, mentre il carro della vittoria si affolla di opportunisti dell’ultimo minuto, Baldini resta fedele a sé stesso. Il profeta non è fatto per i trionfi facili né per le adulazioni di circostanza. Come il pastore che guida il suo gregge senza clamori, egli sente già il bisogno di distaccarsi da quel clamore assordante e ingombrante che segue i successi.
A Pescara gli saremo eternamente grati, non solo per la sua impresa tecnica ma, soprattutto, per la lezione umana che ci ha impartito. Perché, in fondo, Baldini non è solo un allenatore: è magia. E contro la magia, non c’è niente da fare.