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      Gay Pride e Bandiera Palestinese, come il ketchup su un piatto di maccheroni

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      di Alessio Di Carlo

      Un pugno nello stomaco. Quella bandiera palestinese – e non è stata certo l’unica – indossata da alcuni coloratissimi manifestanti del Gay Pride di Verona dell’altro ieri, suona davvero male.

      Si può anche pensare che la Palestina sia una vittima della violenza omicida del Governo Netanyahu (anche se personalmente non riesco a non pensare a quel che è accaduto il 7 ottobre), ma quella bandiera, esposta in quel contesto, durante la più importante manifestazione della galassia LGBTIQ+, è troppo.

      Sappiano i manifestanti che a Gaza e nei Territori Palestinesi si verificano sovente manifestazioni di omobitransfobia, che provengono sia da importanti leader religiosi musulmani, sia da figure di spicco della società laica.

      Secondo l’Equal Dex, nella classifica LGBTIQ+ World Equality la Palestina occupa il 190° posto su 197 nel mondo.

      A Ramallah nel giugno del 2022 è stato vietato da persone riconducibili ad Hamas il concerto dell’artista Bashar Murad perché queer. Nel 2019 l’Autorità Palestinese (con a capo Abu Mazen) ha bandito le attività LGBTIQ+. Nel 2017 lo scrittore Abbad Yahya, autore di “Delitto a Ramallah” è stato perseguitato a causa del “tema gay” del suo romanzo, che pure era stato “camuffato” dall’autore con un titolo che rimandava al genere crime.

      Appena un anno fa l’attivista LGBTIQ+ 25enne Ahmad Abu Murkhiyeh è stato decapitato ad Hebron (Cisgiordania, territori palestinesi), a causa della sua omosessualità e del suo fervente impegno per i diritti delle persone LGBTIQ+ palestinesi.

      Di seguito, alcuni dati raccolti negli ultimi anni, sempre da Equal Dex:

      4% della popolazione palestinese percepisce la Palestina come posto sicuro per gay e lesbiche (dato del 2023);
      5% accetta l’omosessualità (intesa nei paese arabi, dato del 2014);
      34,7% tollera persone omosessuali come vicini di casa (dato del 2014);
      6% della popolazione palestinese percepisce la Palestina come posto sicuro per gay e lesbiche (dato del 2013);
      4% è d’accordo sul fatto che la società dovrebbe accettare l’omosessualità (dato del 2013).

      Secondo un rapporto di Amnesty International del 2022, le autorità palestinesi non riescono a prevenire e indagare su minacce e attacchi omofobici e transfobici. A luglio 2022, le forze di sicurezza sono rimaste a guardare mentre una folla picchiava giovani e bambini che partecipavano a una parata organizzata dall’Ashtar Theatre di Ramallah che includeva bandiere arcobaleno. Come afferma Amnesty, “l’attacco è avvenuto nel mezzo di un’ondata di incitamento alla violenza e all’odio contro le persone LGBTI e le femministe su cui le autorità non hanno indagato”.

      Il deterioramento dei diritti umani è reso ancor più evidente dalla stretta sulle pene di morte. Secondo il Centro Palestinese per i Diritti Umani, i tribunali di Gaza hanno emesso 27 nuove condanne a morte nel 2022, 11 in più rispetto al 2021, trasformando 5 condanne all’ergastolo in condanne alla pena capitale. Ciò è avvenuto dopo che il Ministero della Giustizia di Gaza ha istituito il Comitato Penale Supremo, che ha incoraggiato condanne più severe, apparentemente per scoraggiare i crimini violenti.

      Molti palestinesi gay, lesbiche, bisessuali e transgender hanno cercato rifugio, sia in modo legale sia clandestino, nei principali centri urbani israeliani, come Tel Aviv, in cerca di una società più tollerante nei loro confronti.

      E, ciliegina sulla torta, le dichiarazioni di Imran Ibn Mansur secondo cui “gli omosessuali faranno perdere la guerra alla Palestina”

      Potremmo continuare. Dati e notizie di questo genere affollano il web.

      Eppure questo non è bastato per dissuadere i manifestanti del Gay Pride ad indossare quel vessillo. E dire che sarebbe bastata una bandiera della pace, quella non si nega a nessuno, è come il grigio: sta bene su tutto.

      Ma quella palestinese, in quel contesto, in quella rappresentazione, finisce per creare un quadro d’insieme quantomeno indigeribile.
      Proprio come il ketchup sopra un piatto di maccheroni.

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