
di Monsignor Colombo
Di questi tempi la socialità è diventata un’attività a rischio.
Per questo faccio outing.
Mi libero da un peso, confesso che dell’attuale momento storico non ho capito nulla.
L’unica mia bussola è il mio prossimo verso cui ho sempre riposto una radicata disistima.
Disistima che mi si sta ritorcendo contro.
Tanto più ho disistimato qualcuno tanto più questi mi sorprende in questo momento di mia confusione, elargendomi analisi, letture, certezze, insomma una comprensione totale del momento storico con tanto di responsabilità e doverose stigmatizzazioni verso chi, a differenza sua, non ha compreso o peggio continua a nutrire dubbi ed incertezze.
Questo è il momento in cui bisogna fare i conti con sé stessi ed ammettere i propri limiti.
Bisogna trovare il coraggio di guardarsi allo specchio e confessare il peccato dell’invidia che per una vita ci ha impedito di apprezzare tuttologi e mitomani e dirsi senza infingimenti che non saremo mai come loro.
E giacché siamo in ballo, ammettiamo che quella forma di urticante fastidio verso ogni sorta di Dama di San Vincenzo altro non è che un irrisolto rapporto con il bene ed una grave forma di misoginia.
Grazie ai social ho avuto modo di toccare con mano quanto amore per gli oppressi e per la verità ci sia intorno a me, sentimenti che non solo non ho saputo apprezzare, ma che qualche mia oscura patologia mi ha sempre fatto apostrofare come insopportabile retorica.
Ora ho capito che essere asociale è l’unico contributo socialmente utile che in questo momento ho da offrire.