di Alessandro Di Nicola
Tra le colline della sua Ripa Teatina, in provincia di Chieti, Nicola Palladinetti vede il Sole sorgere e tramontare, e il Mondo lo gira sulle ali delle sue api. La sua casa è centro nevralgico delle loro operazioni sociali. Apicoltore da quarant’anni, fa parte dei 3.512 superstiti in Abruzzo di un mestiere tanto fondamentale quanto, spesso, sottovalutato. La precaria ed essenziale esistenza dell’Apis mellifera è provata dalla legge n.313 del 24 Dicembre 2004 a tutela delle api da miele: di fatto non è possibile effettuare disinfestazioni di alveari, ma è obbligatorio richiedere l’intervento di un apicoltore in grado di preservare lo sciame. “Attività di interesse nazionale”, è definita così dalla norma legislativa, eppure viene percepito sempre meno il problema della rarefazione dei custodi delle api. Denuncia che arriva anche dall’apicoltore di Ripa, che accoglie i più curiosi anche durante gli interventi che svolge, prestandosi a domande e dubbi del mestiere.
“Se l’uomo fosse organizzato come la società delle api, vivremmo in un altro Mondo”, la frase dell’apicoltore sembrerebbe di circostanza ma seguita dalla spiegazione della piramide sociale e del modus operandi apistico si carica di potente fascino e ammirazione.
Troppo spesso gli spot pubblicitari e il totem del “se non ci fossero le api all’uomo resterebbero pochi anni di vita”, piantato nella cultura sociale da Einstein, hanno messo in ombra la domanda da porsi: perché le api sono così importanti? Il ruolo di quegli insetti che infastidiscono quasi ad ogni pic nic è ben più rilevante di un pranzo ludico al parco: l’impollinazione della maggior parte dei fiori in natura avviene per mezzo delle api (e non solo) che si cospargono di polline e volano da un organismo all’altro, consentendo la nascita di frutti e boccioli. Vettori naturali che danno colore alla terra, rigenerano prati e giardini, fungendo da termometro nell’ecosistema.
Lavorano di giorno, restando comunque lontano dai riflettori, eppure in Giappone si percepisce già il peso della loro assenza: impollinazione artificiale e droni volanti che replicano il loro lavoro sono due delle tecniche ideate per sopperire ad una mancanza che risulta difficilmente colmabile.
Per evitare tutto ciò si impegna anche Nicola, che presta le sue terre come oasi per le migliaia di api lavoratrici; percorrono chilometri caricandosi e scaricandosi di nettare, tornano nell’arnia con le zampe colorate di rosso, o di giallo, quindi lasciano il nettare e sono pronte a ripartire. Le api nutritrici si occupano della Regina, eletta perché cibata con pappa reale sin dalla nascita. A proteggerla le api guardiane, che gestiscono il flusso di entrata, accettando solo estranei che portino “in dono” del nettare. Un’intera società divisa in caste, perfettamente funzionanti, subordinate alla Regina, senza la quale non riescono a sopravvivere. E poi il volo nuziale, uno solo durante tutta la vita, durante il quale esce dall’alveare e si accoppia con il fuco (maschio), determinandone la morte. Poi lei ritorna tra le sue ape operaie per dar vita ad una nuova covata, rimanendo fertile anche per anni, di fatto è l’unica in grado di sopravvivere per anni.
C’è un mondo tra le gabbiette a forma di esagono, un meccanismo logicamente tecnico, da cui dipende quello umano tecno-poco-logico.
Tra i due, punto d’incontro, c’è Nicola: lavora anni per loro che vivono giorni. Le api lavorano giorni per chi vive anni. Quarant’anni di instancabile lavoro, lo stesso che i suoi insetti gialli e neri racchiudono in quaranta giorni. Lavori nobili che rimangono in eterno, che lasciano il segno per sempre.
Anime senza scadenza, come il miele.