L’anno che verrà – e ce ne sarà uno se avremo fortuna – “porterà una trasformazione e tutti quanti stiamo già aspettando”. L’anno che verrà di Lucio Dalla era ieri, è adesso, sarà il prossimo. Quel successo discografico del 1979, inserito in un album tra i più fortunati, non a caso intitolato proprio Lucio Dalla, e accompagnato da Angeli, Anna e Marco e L’ultima luna, è più di una canzone perché, grazie allo sviluppo solo in apparenza enigmatico del testo, proprio del genio Dalla, ha saputo attraversare le generazioni diventando un insieme di modi di dire e un invito alla riflessione. Il testo della ballata apre e chiude alla speranza, illude e disillude. Inganna, si fa beffa del presente e del futuro, con punte di amarezza che quasi feriscono. “Vedi caro amico cosa si deve inventare per poter riderci sopra, per continuare a sperare”.
Ci puoi leggere la grande bugia dell’informazione televisiva, allora solo di Stato e dei partiti, ora anche di puro business commerciale: “Ma la televisione ha detto che il nuovo anno porterà una trasformazione. E tutti quanti stiamo già aspettando. Sarà tre volte Natale e festa tutto il giorno. Ogni Cristo scenderà dalla croce. Anche gli uccelli faranno ritorno. Ci sarà da mangiare e luce tutto l’anno. Anche i muti potranno parlare, mentre i sordi già lo fanno”.
Dalla, scomparso il primo marzo 2012, scrisse L’anno che verrà nel 1978, in una fase storica drammatica per l’Italia. Il terrorismo, di destra e di sinistra, filo americano quanto filorusso, faceva stragi. La violenza e l’incertezza permeavano la società e si era sempre sull’orlo della catastrofe. Erano gli Anni di piombo. “E c’è chi ha messo dei sacchi di sabbia vicino alla finestra. E si sta senza parlare per intere settimane. E a quelli che hanno niente da dire, del tempo ne rimane”.
L’Italia bigotta di quei tempi scherniva e offendeva le diversità sessuali, riducendole a parodie in film dall’immensa stupidità, dove dare del frocio era la massima offesa e le movenze effemminate il modo più semplice e ottuso per farsi una risata da caserma: “E si farà l’amore, ognuno come gli va. Anche i preti potranno sposarsi, ma soltanto a una certa età”.
Forse forse, la frase più bella della canzone è l’ultima: “L’anno che sta arrivando tra un anno passerà. Io mi sto preparando, è questa la novità”. Prendiamolo in parola e prepariamoci: il 2023, per quanto di merda possa essere, non dovrà trovarci impreparati. In fin dei conti, potrebbe anche succedere che “senza grandi disturbi qualcuno sparirà. Saranno forse i troppo furbi e i cretini di ogni età”. Io avrei un lungo elenco di nomi da proporre. E se l’anno che verrà non mi darà soddisfazione, lo riproporrò al prossimo anno che verrà e a quell’altro ancora. Ce ne sarà più di uno, se avrò fortuna.
Libero de Foscolo Ortis
