Sosta in auto davanti a McDonald’s. Cinque minuti di training autogeno. Ripeto ossessivamente: ce la posso fare! Poi, un leggero colpo all’acceleratore. Si parte. Mani sudate, nervosismo crescente. La strada sarebbe dritta, anche perché attraversa la zona pianeggiante di Pescara, ma proprio perché siamo Pescara e abbiamo un complesso di inferiorità verso le città antiche e piene di curve, noi qui abbiamo eletto gente qualificata che studia tosto e sa dove mettere gli zig zag. Deviazione a destra, costeggio i campi da tennis. Rotatoria ad minchiam. Seguo la scia di un’autovettura e la sfango. Ci siamo.
Imbocco viale dei Matti, che poi sarebbe viale Marconi. E’ questa la mia sfida! Il sudore non è più solo sulle mani. Corsia delle vetture a destra, corsia del bus a sinistra. Tombino abissale. Scossa alla cervicale. Dolore. Altra rotatoria, in realtà un piccolo cantiere. Vorrei ordinare una medaglia da Ima Coppe e ne approfitterei per una birretta da Jayson. Parcheggio zero e tombini abissali in serie. Cervicale e protusioni sotto stress. Dolore. Proseguo con la massima concentrazione perché è un attimo e ti trovi dove non è contemplato che tu possa stare. Un’auto è parcheggiata dove c’è spazio solo per un monopattino e invade la mia corsia. Mi sposto di quel tanto per non tamponarla. Invado – ma che colpa ho? – quella del bus. Strombazzata da infarto. Clint Eastwood direbbe: se un uomo con la macchina osa varcare la corsia dell’autista col bus, l’uomo con la macchina è morto. A me, tutto sommato, va bene: devo solo recarmi in fretta all’altro Paese, su gentile invito dell’autista, e portare con me mamma e papà.
Una signora attraversa la strada dove non ci sono le strisce. Sale su una specie di passerella di cemento e mattoni e si mette sotto un coso. Un… come si chiama? Insomma, una fermata che non ripara dal sole e dalla pioggia e dove non puoi sederti. Ecco, si chiama proprio coso. Tombino. Altro tombino. La testa ondeggia e mette a dura prova i muscoli del collo. Altra macchina che spunta. Stavolta mi fermo. L’autista del bus mi lancia un’occhiata da duro: ha vinto, lo sa e non lo nasconde. Mi chiedo chi avrà ideato viale dei Matti, con queste corsie e quelle strisce colorate, già un po’ scolorite, che ti annodano gli occhi e ti obbligano a un moto da uscita in barca con vento forte. Un assessore, ora ricordo. Ex sindaco. Luigi Albore Mascia. Sì, quello che sta sempre in tv e parla, insieme ad altri, di pallone. Ci capisce? Beh, l’orbo fa il signore del paese dei ciechi. Sono di nuovo nella corsia del bus, per un attimo oltre il limite dei 30 all’ora. Non ci sono le telecamere. So che metteranno quelle definite intelligenti. Speriamo non siano così intelligenti da farmi la multa prima che le attivino. Ci vorrebbe un caffè. Mentre ci penso, arrivo davanti a un negozio di mobili. Intravedo una poltrona che starebbe benissimo in sala, davanti alla tv. Mi fermerei. Ma dove? Non mi fermo, non posso. Sono frustrato. Ecco il ponte. Ultima rotatoria cantiere. Poi, mi illumino. Imbocco l’asse attrezzato. Destinazione Ipercoop. Parcheggio sotterraneo all’ombra. Tavolino di un bar con aria condizionata. Birretta e pizzetta. Poi, su internet ordino medaglia e poltrona. Mi arriveranno a casa nel giro di due giorni. Magari giusto in tempo per la nuova puntata della trasmissione di L.A. Mascia. Sarà bello addormentarsi, cloroformizzato da ardite congetture calcistiche, su una poltrona nuova. Al bar dell’Ipercoop prendo pure un caffè.
A Pescara, lungo viale dei Matti, Ima Coppe, Jayson, il barista e il venditore di poltrone capiranno? Io ce l’ho messa tutta per dare un contributo alle loro attività dissanguate da tasse e bollette. E’ andata male perché per fare lo shopping lungo viale dei Matti non basta la patente normale. Ci vuole la patente dei matti.
di Libero de Foscolo Ortis
Satura lanx III