I dati Istat sono impietosi. L’Abruzzo ha perso tanti abitanti, oltre al prestigio, e si sta allontanando sempre di più dalle regioni trainanti, in Italia quanto in Europa. Il trend è così preoccupante da far temere, nel giro di poco, un terribile -100.000. Sono andati via tantissimi giovani, molti di questi con titoli di studio importanti, apprezzati all’estero e mortificati dalle nostre parti. Dal 2016 ad oggi, l’Abruzzo ha visto un costante segno meno nel saldo dei residenti. Per la precisione, mancano all’appello 51.242 persone: questa è la differenza tra la popolazione censita il 30 aprile 2022 e quella del 2016. Siamo 1.270.879. Siamo solo 1.270.879, sarebbe il caso di dire. E saremmo anche meno se non ci fossero alcune migliaia di immigrati romeni, cinesi, egiziani, bulgari e compagnia cantante. Le province di Chieti e L’Aquila sono state quelle più segnate dall’abbandono degli abruzzesi. Non se la passa bene neppure Teramo. Pescara ha retto, ma senza riuscire a evitare il segno negativo. Nel confronto 2016-2022, dall’Aquilano sono andate via 14.646 persone. Il capoluogo di Regione, malgrado le robuste iniezioni di soldi dovute alla ricostruzione post terremoto, ha 75.841 residenti, di cui 6.199 stranieri. Quindi, 69.642 residenti effettivi. Avezzano ne ha 40.708 e Sulmona 22.256. C’è un dato da guardare con attenzione: due capoluoghi di provincia, Chieti e Teramo, hanno meno abitanti di Montesilvano, che è senza soluzione di continuità rispetto a Pescara ed è parte della Nuova Pescara, destinata a sorgere, legge alla mano, al più tardi il primo gennaio 2024. A Montesilvano risultano esserci 53.115 abitanti, che diventano 57.308 grazie ai 4.193 stranieri domiciliati. Teramo è a quota 51.719 (55.055 con gli stranieri) e Chieti non va oltre i 48.525 abitanti (50.900 con gli stranieri domiciliati). A proposito di Nuova Pescara, gli abitanti ammontano a 202.652 perché Spoltore porta in dote 18.993 residenti (non ci sono dati sugli stranieri) e Pescara aggiunge ben 126.294 (di cui 7.052 stranieri). Che Nuova Pescara sia il crocevia d’Abruzzo e l’unico possibile motore di sviluppo lo hanno capito tutti, tranne alcuni politici di centrodestra con l’aggiunta di qualche dalfonsiano di centrosinistra, protesi nello sforzo per ottenere un rinvio al 2027, prologo della cancellazione dell’esito referendario del 2014 e della Legge regionale di fusione del 2018. I territori provinciali sono tutti con il segno meno: Chieti -18.066, L’Aquila -14.646, Teramo -10.882 e Pescara -8.359. Servirebbe una seria politica regionale per far fronte a questo preoccupante fenomeno, che riporta l’Abruzzo al Dopoguerra o agli anni terribili di inizio ‘900. Da Marsilio, Sospiri, Testa e dallo squadrone al Governo regionale però non risulta alcuno provvedimento degno di questo nome. Nè ci sembra che il problema venga affrontato nella battaglia elettorale propedeutica alle elezioni del 25 settembre prossimo. Quindi, aspettiamoci il peggio.