Riceviamo e volentieri pubblichiamo (*)
La percorro quasi ogni giorno, anche quattro volte, in bicicletta. Con il sole, con la pioggia, in ogni condizione. Parlo dell’asse viario che attraversa la zona a sud della Riserva Dannunziana, di collegamento tra Pescara e Francavilla. Una strada percorsa esclusivamente delle automobili, ormai solo in direzione sud-nord, in attesa che venga smantellata per far posto al Pendolo, più interno.
Mancano i marciapiedi, ma da decenni, men che meno uno spazio riservato alle biciclette. Sul lato nord resiste ancora la traccia di una fermata del bus: solo la palina e una spoglia panchina, testimoni silenziosi di un servizio che fu.
A differenza di chi viaggia in automobile, io che passo in bici vedo lungo i bordi della strada un quantitativo incredibile di rifiuti. Non credo li abbia portati il vento. Sono stati evidentemente lasciati da qualcuno, anche con intere buste.
Transitare qui, immerso in quello che fino a quattro anni fa era un bosco di oltre 50 pini d’Aleppo – adesso ne restano solo 10, scomparsi anche a causa dell’incendio e di altre condizioni disagevoli – e vedere tutti questi rifiuti è veramente triste. Ho sempre pensato che sarebbe stato opportuno apporre lungo il percorso qualche cartello divulgativo per invitare coloro che attraversano l’area protetta a usare prudenza e avere rispetto dell’ambiente circostante. Nulla di tutto questo, da sempre.
Mi sono detto più volte che un giorno sarei dovuto passare per dare una pulita, da solo o in compagnia. E così oggi mi sono organizzato e l’ho fatto.
È stata una raccolta dimostrativa: impossibile raccogliere da soli tutto quello che c’è. L’erba sta crescendo e purtroppo sommerge i rifiuti, che tra un po’ non si vedranno più: bottiglie di plastica, bottiglie di vetro, lattine e confezioni di carta e di plastica e poi rifiuti vari. Qualcuno ha ritenuto lecito lasciare direttamente delle buste dell’immondizia intere, lanciandole, evidentemente, dall’automobile.
Per quanto mi è riuscito, ho poi fatto a valle una selezione differenziata del materiale per il corretto conferimento all’isola ecologica.
A questa quotidiana constatazione voglio aggiungere una amara considerazione. Come sempre capita, quando l’erba crescerà, ci sarà qualcuno che prima o poi provvederà allo sfalcio. Il punto è che questa operazione avviene senza che i rifiuti vengano rimossi prima. Chi falcia l’erba mette tutto nel frullatore del decespugliatore: in questo modo, tutta la plastica, la carta, le lattine e tutti gli altri rifiuti vengono sminuzzati in tantissimi pezzi.
Questo processo fa sì che il materiale si mescoli completamente con il substrato erbaceo e poi con il suolo, determinando una diffusione ancor più profonda e intima del rifiuto: praticamente non sarà più percettibile, come le micro-plastiche nel mare, ma entrerà a far parte intimamente del nostro territorio, dell’ambiente che ci circonda, della nostra vita.
Che tutto questo avvenga all’interno di un’area protetta, sotto gli occhi distratti di migliaia di persone che qui transitano tutti i giorni, in automobile, dovrebbe indurre ad una profonda riflessione.
(*) di Giancarlo Odoardi – Rifiuti Zero Abruzzo
