Un nuovo antibiotico dà speranza contro i microrganismi resistenti

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Scientist in lab doing research and using lab machines, test tubes, microscope and every laboratory equipment

di Emidio Maria Di Loreto

I report che ci vengono forniti dalla sorveglianza sull’antibiotico-resistenza, sia nazionali sia internazionali, mostrano significativi aumenti del dato relativo alle resistenze ai vari antibiotici, medicinali in grado di uccidere microrganismi o in grado di limitarne lo sviluppo che diventano inefficaci per le sviluppate resistenze dei vari batteri. Le cause, da tempo denunciate, sono relative ad un uso esagerato ed inopportuno nel tempo per questo tipo di farmaci.

I microrganismi in questione sono batteri appartenenti a specie orientate a svilupparsi anche nelle strutture ospedaliere causando gravi preoccupazioni per i problemi dovuti a ceppi resistenti proprio dove, invece, la necessità di cure imporrebbe ambienti asettici.

Nel 2022 – nelle ventuno regioni italiane – sono stati 173 i laboratori che hanno partecipato all’azione di sorveglianza nazionale AR-ISS https://www.epicentro.iss.it/antibiotico-resistenza/epidemiologia-italia monitorando i patogeni Staphylococcusaureus, Streptococcuspneumoniae, Klebsiella pneumoniae, Enterococcusfaecalis, Enterococcusfaecium, Escherichia coli, AcinetobacterspeciesPseudomonas aeruginosa.

In tutte le strutture ospedaliere sono state osservate ancora percentuali elevate di resistenza alle principali classi di antibiotici. A livello internazionale l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) si affida per la raccolta dei dati sulla resistenza antimicrobica ad una rete di sorveglianza Surveillance of antimicrobial resistance in Europe, 2022 data – Executive summary che fa confluire i dati al Centro Europeo Prevenzione e Controllo Malattie (ECDC)  dall’European Antimicrobial Resistance, Surveillance Network (EARS-Net) e dalla Central Asian and European Surveillance of Antimicrobial Resistance (CAESAR) . 

Le due reti hanno raccolto dati provenienti da 17 e 30 paesi rispettivamente. Valutando i numeri del 2021 è emerso che le colonie di batteriisolate sono salite da 366.794 a 392.602 cosa che riporta ad una centralità, forse disattesa per troppo tempo dall’industria e dalla ricerca. Non sono infatti più arrivate proposte di soluzioni farmacologiche per un sistema salute che ne ha vitale bisogno. Una sanità in genere che soffre, specialmente nel nostro paese, per una mancata adeguatezza alle necessità e che, per comodità, troppo spesso viene ricondotta alla pur difficile situazione pandemica e post-pandemica. Le riforme promesse durante le emergenze sono rimaste vana speranza  e oramai perse negli orizzonti di un Sistema Sanitario Nazionale -SSN- che soffriva prima ed è caracollante adesso.

In questo quadro di preoccupazione generale giunge, anche per la nostra nazione,l’annuncio su una nuova molecola dalla grande importanza in prospettiva. Il nuovo farmaco mostra nelle sperimentazioni di laboratorio  di essere in grado di controllare una delle resistenze più preoccupanti tra gli agenti patogeni oggetto di sorveglianza per le resistenze antimicrobiche. Lavoro pubblicato da Nature e derivante dall’attività collaborativa di scienziati dell’Università dell’Illinois, negli Usa, e dell’azienda farmaceutica svizzera F.Hoffmann-La Roche .
Si tratta della nuova molecola denominata Zosurabalpin https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC10677932/, avente sigla RG 6006, un antibiotico in grado di contrastare l’Acinetobacter baumannii, un batterio che genera preoccupazioni gravissime ed identificato con criticità 1 dall’OMS per la sua caratteristica di resistenza verso svariati antibiotici.

Le preoccupanti notizie sullo sviluppo di questo batterio, e delle resistenze ad esso connesso, assumono caratteri ancora di più allarmanti in prospettiva, se si tiene in considerazione di quanto asseriscono alcune autorità sanitarie circa l’aumento delle resistenze agli antibiotici. Denunce che, per la verità, si rincorrono ormai da anni senza che si intravedano soluzioni all’orizzonte. Viene dato come vicino ai 10 milioni nel mondo, entro il 2050, il numero dei decessi complessivi causati dalle resistenze antimicrobiche delle quali la maggior parte sono causate dall’Acinetobacter baumannii. Questi sono microbi aerobi, Gram-negativi, che hanno la capacità di sopravvivere fino ad un mese su superfici asciutte e quindi in grado di rappresentare un’insidia in ogni attività medica sostenuta in locali sanitari. Essi possono essere presenti sia sulla pelle di ogni operatore sanitario sia sui ferri e sulle attrezzature sanitarie. Questa loro caratteristica conferisce aspetti di pericolosa potenziale contaminazione per ogni paziente cosa che è confermata dal dato delle infezioni,  attribuite a questo batterio, che possono raggiungere circa l’80%.  L’attività più preoccupante di questi batteri a così elevata patogenicità è rivolta facilmente su pazienti già alle prese con patologie serie ed ospedalizzati. Si esprimono causando polmoniti nosocomiali complicate ma anche bronchioliti e tracheobronchiti sia in adulti che in soggetti in età pediatrica in sofferenza immunologica. Batteri che possono annidarsi nei siti in cui è praticata la tracheotomia ed anche in ferite dove possono originare ascessi  che si riscontrano anche in organi interni a tessuti molli come polmoni  ma anche pelle, vie urinarie. La presenza di Acinetobacter baumanii resistente a molti antibiotici, si evidenzia anche in particolare nelle terapie intensive per gli immunodepressi e per coloro che sono stati trattati con antibiotici ad ampio spettro dopo interventi molto invasivi. La ragione di questa diffusione è fatta risalire a probabili contaminazione di attrezzature mediche, al ricorso ad alimentazione parenterale per i pazienti in cui è richiesta, e ad una presunta colonizzazione del personale sanitario dedicato in questi reparti. L’evoluzione verso uno shock settico successivo in coloro che ne sono stati contaminati si indirizza con facilità verso la perdita dei pazienti.

L’antibiotico più efficace per contrastare gli Acinetobacter appartiene ai carbapenemi, questi sono considerati l’ultima difesa possibile quando gli altri tipi hanno fallito, ma quando il batterio ha sviluppato resistenze contro di essi si resta senza farmaci disponibili. In questi casi gli Acinetobacter baumanii sono indicati con la sigla Crab  che equivale anche ad indicare una grave criticità difficile da contrastare.

Questi batteri hanno la caratteristica di avere una membrana esterna protettiva composta da lipopolisaccaridi che li rende “impermeabili” alla penetrazione al loro interno di alcuni antibiotici. Gli scienziati hanno trovato nello Zosurabalpin, definito un «peptide macrociclico ancorato», la molecola in grado di impedire ai trasportatori molecolari dei lipopolisaccaridi di adempiere alla loro funzione cosa che equivale ad indurre alla morte quei batteri.

Avere per i medici nel futuro prossimo a disposizione lo Zosurabalpin, ammettendone un soddisfacente auspicato prosieguo del percorso sperimentale, costituisce sicuramente una opportunità molto seria per combattere gli Acinetobacter ma sono ancora molte le prove da studiare, non ultima quella che comunque con la nuova molecola andrebbe evitato che si sviluppino nuove resistenze verso il nuovo antibiotico. Inoltre se Zosurabalpin fallisse nel suo sviluppo definitivo sarebbe un bel problema per i pazienti ma anche per l’industria farmaceutica che vi ha lavorato. Questo è stato infatti uno dei problemi che ha causato la gravità della situazione attuale in cui mancano nuove molecole per contrastare le resistenze batteriche che si sono generate per l’uso dissennato degli antibiotici. A questo si somma la concomitante volontà delle aziende produttrici che affrontano con difficoltà i rischi di sviluppo di nuovi farmaci, per gli alti costi stimati, molto spesso vicini al miliardo di euro. Anche le basse probabilità di successo nei percorsi sperimentali aggravano il ritorno economico giudicato non profittevole e valutato in circa 100 milioni di euro per anno. È così riferito in un recente editoriale di Nature  https://doi.org/10.1038/d41586-023-04086-z  

 dove viene anche specificato che solo un farmaco su 30 possibili candidati normalmente raggiunge la possibilità di essere sperimentato sugli umani. L’editoriale riporta anche che, oltre all’elargizione di incentivi alle aziende per portare avanti la loro azione di ricerca o in alternativa promesse di acquisto del futuro prodotto,  sono in fase di studio modi diversi di pagare i farmaci. Piuttosto che corrispondere somme per numero di dosi, semplificando, si elargirebbero in modo continuativo all’azienda somme in base al valore attribuito al farmaco. Il Regno Unito ha già lavorato in questo senso ed anche negli USA sono allo studio ipotesi dello stesso tipo. Se ne saprà di più dopo l’estate prossima durante l’assemblea delle Nazioni Unite che tornerà ad affrontare questi argomenti.

Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi necessità sul proprio stato di salute, su modifiche della propria cura o regime alimentare, si consiglia di rivolgersi al proprio medico o dietologo.